Diritto 22 Luglio 2014 16:38

ACOI: su assicurazioni e formazione è l’Europa il modello da seguire

Intervista esclusiva a Diego Piazza, il nuovo presidente dei Chirurghi Ospedalieri Italiani

ACOI: su assicurazioni e formazione è l’Europa il modello da seguire

Il ruolo – ed il peso –  che il nostro Paese avrà nei prossimi sei mesi all’interno dell’Ue potrebbe portare sviluppi importanti ed incidere ad ampio raggio sulle politiche nostrane, tra cui quella sanitaria, attualmente alle prese con scadenze da rispettare e obblighi a cui ottemperare.

E’ questo l’auspicio del neoeletto presidente di ACOI, Diego Piazza, che Sanità Informazione ha ascoltato su alcuni fra i temi più scottanti per il mondo medico italiano.

Il semestre europeo a guida italiana è un momento importante, con tante iniziative che coinvolgono anche i Chirurghi Ospedalieri Italiani.
Assolutamente sì:  ho fatto dell’Europa il mio cavallo di battaglia, perché ritengo che farne parte sia un’opportunità e non un vincolo. Dobbiamo parlare in un termini europei sia nell’ambito della formazione pre-laurea e post-laurea, sia per quanto riguarda il dossier formativo dei singoli medici, sia sotto il profilo della qualità e della sicurezza negli ospedali italiani. A mio parere il modello positivo a cui tendere è quello rappresentato dal Nord Europa.

Nel nostro Paese sono tante le tegole che cadono costantemente sui medici…
Sì, penso ad esempio alla questione medico-legale affrontata in maniera totalmente errata. Anche in questo senso, guardiamo agli altri Paesi europei e cerchiamo di adeguarci al loro modello. Bisogna porre fine alla barbarie del procedimento medico-legale così come è concepito oggi in Italia, con periti inadeguati e oneri assicurativi incompatibili con il livello dei salari dei chirurghi italiani, salari che andrebbero anch’essi allineati agli standard europei.

A proposito di assicurazioni, ad agosto scatta il termine per la RC professionale. Probabilmente slitterà di nuovo ma, al di là dei termini, le istituzioni devono trovare una soluzione condivisa.
Per i medici che lavorano a tempo pieno nel sistema sanitario nazionale, credo che il problema assicurativo non debba riguardarli come singoli. Spetterebbe al Ssn, infatti, assumersi il rischio d’impresa: il professionista  opera in un sistema così complesso per cui la responsabilità non può essergli attribuita come individuo, ma dev’essere a carico del sistema di cui fa parte.

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