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Dopamine dressing, l’arte del vestirsi che rende felici

Qual è l’abito giusto? Andronico (psicoterapeuta): «Ognuno ha il suo: è questione di carattere e di personalità. Ma i colori, al di la del gusto individuale, possono scatenare sensazioni universali. Attenzione alla scarsa cura di sé, può essere il campanello d’allarme di un malessere»

Si chiama Dopamine dressing ed è una delle ultime tendenze della moda: indossare ciò che ci rende felici. Come dalla dopamina, anche dal giusto outfit può derivare una sensazione di gratificazione e appagamento. «Non esiste l’Abito (con la A maiuscola) della felicità, ognuno ha il suo», assicura Francesca Andronico, psicologa, psicoterapeuta, scrittrice e coordinatrice del network territoriale dell’Ordine degli Psicologi del Lazio.

L’abito è la vetrina dell’individuo

La scelta dell’abito da indossare, dal modello ai colori, fino agli accessori, rappresenta il biglietto da visita di un individuo. «Nella cura della nostra immagine, dall’aspetto generale al dettaglio più particolare, si racchiude ciò che a primo acchitto vogliamo comunicare agli altri. Proprio come se si trattasse di una vetrina di un negozio in cui vengono esposti gli esemplari migliori della merce presente all’interno», spiega la psicoterapeuta. Al contrario, la scarsa cura di sé può rappresentare un vero e proprio campanello di allarme di una possibile condizione di malessere psicologico o psicofisico. «Da un punto di vista di osservazione clinica, infatti, una scarsa attenzione al proprio aspetto esteriore, è solitamente indice della presenza di una problematica, più o meno grave. Non necessariamente di depressione o di altre psicopatologie – sottolinea Andronico – ma anche di condizioni passeggere, come quei momenti di difficoltà che tutti, prima o poi, attraversano nella vita».

Ad ognuno il suo stile

Tuttavia, non è solo l’umore ad influenzare l’outfit. «La scelta dell’abito da indossare è anche questione di carattere, di attitudini e personalità – aggiunge l’esperta -. Ad influenzarla anche gli ambienti di vita quotidiana, le persone che si frequentano. Questo significa che aldilà dello stile personale, che a seconda dell’individuo può essere più sportivo, elegante, classico o di tendenza, la cosa importante è prendersi cura di sé. Dedicarsi del tempo e scegliere i vestiti con i quali ci si sente meglio, più a proprio agio. Guardarsi allo specchio ed essere soddisfatti dell’immagine riflessa è sempre un ottimo rimedio per alleviare le difficoltà e la pesantezza del quotidiano».

I colori

C’è a chi piace il blu, a chi il rosa a chi il giallo. Che sia una tonalità scura, o vivace, ogni colore, al di la del gusto personale, è in grado di scatenare delle sensazioni più o meno universali. «Il rosso, ad esempio, è il colore della passione e della vitalità. Più in generale i colori accesi, come il fucsia, trasmettono energia. Quelli pastello, come il rosa antico o il verde acqua richiamano alla serenità. Non è un caso – commenta Andronico – che gli ambienti di cura siano dipinti di verde, azzurrino e bianco, tutti colori estremamente calmanti».

Vestirsi bene rende felici anche gli altri?

Nel nostro cervello è presente un gruppo di neuroni, i cosiddetti neuroni mirror (specchio) che si attivavano non solo quando compiamo una determinata azione, ma anche quando osserviamo un altro cimentarsi nel medesimo compito. «È per questo che osservare una persona ben curata può sia influenzare il nostro umore che spingerci a seguirne l’esempio – dice la psicoterapeuta -. Ma attenzione ai limiti. Curare il proprio aspetto aumenta senza dubbio il proprio benessere psico-fisico, a meno che non si trasformi in una mania o in un’ossessione. La troppo attenzione a qualcosa, all’esteriorità, al cibo, alla forma fisica, possono denotare uno scarso equilibrio dell’individuo. Così come, al contrario, lo scarso interesse. Il giusto sta nel mezzo». Ancora una volta, come già suggerito da Aristole nel IV secolo a.c nella sua Etica Nicomachea “in medio stat virtus”, la virtù sta nel mezzo.

 

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