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Malattie e terapie 24 Novembre 2022

Parkinson, cosa fare se con le terapie avanzate compaiono fluttuazioni motorie e ipercinesie

In occasione della Giornata Nazionale del Parkinson, che si celebra il 26 novembre, i riflettori sono puntati sul tema delle terapie avanzate: con la progressione della malattia i pazienti possono manifestare sintomi come fluttuazioni motorie e ipercinesie, ovvero periodi di blocco motorio prolungato e/o non prevedibile, e movimenti involontari che provocano forti disabilità e impattano in modo significativo sulla loro qualità di vita. I farmaci a base di apomorfina sono una possibile soluzione

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«In molti pazienti che soffrono di Parkinson può accadere che, dopo diversi anni, la terapia assunta per via orale, in particolare quelle cosiddette “avanzate”, non sia più in grado di controllare in modo soddisfacente la sintomatologia».

Ad accendere riflettori sulle complicanze che derivano della progressione della malattia è il professore Fabrizio Stocchi dell’Università e IRCCS San Raffaele Roma, in occasione della Giornata Nazionale Parkinson. «Nel 40-50% dei casi le fluttuazioni motorie compaiono dopo 5 anni di trattamento e nell’80% si manifestano dopo 10 anni, mentre la prevalenza di ipercinesie in pazienti che seguono cure a lungo termine varia dal 30 all’80%», spiega lo specialista. Risulta fondamentale, quindi, un approccio terapeutico appropriato che tenga conto di tutte queste possibili variazioni.

Parkinson: le terapie innovative

Oggi è possibile affrontare con successo questa fase critica grazie all’innovativa terapia integrata con un farmaco a base di apomorfina, che consente in tempi rapidi la riduzione della durata delle fasi di blocco motorio e dell’intensità delle ipercinesie, garantendo al tempo stesso minore invasività rispetto alle altre cosiddette terapie avanzate. Le novità di questa terapia integrata sono rappresentate dalla pompa D-mine, un device elettronico di ultima generazione che permette anche il monitoraggio dell’aderenza al trattamento. E da D-mine care, un servizio di assistenza al paziente con infermieri e call center a disposizione fin dall’inizio e per tutto il periodo di cura.

Il Parkinson in numeri

La malattia di Parkinson è la malattia neurologica che ha registrato negli ultimi anni il maggiore incremento in incidenza di nuovi casi e per la quale l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha iniziato di recente una campagna di sensibilizzazione globale perché rappresenta una delle cause maggiori di disabilità in neurologia. In Italia, il Ministero della Salute stima che ci siano circa 230 mila persone ammalate, un dato possibilmente sottostimato soprattutto nelle persone più anziane. Circa il 10% dei pazienti contrae la malattia prima dei 50 anni e risultano più colpiti i maschi rispetto alle femmine. Si calcola che tra la popolazione generale venga diagnosticato un nuovo caso ogni 4 mila abitanti e, al di sopra dei 50 anni di età un nuovo caso ogni mille.

I sintomi della malattia

La malattia di Parkinson è caratterizzata da una progressiva degenerazione delle cellule dopaminergiche e la diagnosi si basa sulla presenza di rallentamento motorio (bradi-acinesia), ipertono muscolare e tremore. Avviene quando oltre il 50% delle cellule dopaminergiche è già stato colpito. A questi sintomi si associa, più tardivamente, una progressiva compromissione dei meccanismi del controllo posturale e della deambulazione tali da compromettere le capacità motorie dei pazienti. Pur nella sua gravità, la malattia rappresenta una eccezione in neurologia grazie alla possibilità di utilizzare una terapia sostitutiva che compensi il deficit dopaminergico che consente un buon controllo motorio per molti anni dopo la diagnosi.

I progressi della ricerca scientifica

«Lo sforzo della ricerca scientifica degli ultimi anni – spiega il professore Angelo Antonini dell’Università di Padova – è stato rivolto proprio al tentativo di restituire al paziente parkinsoniano, in fase avanzata di malattia, quella stessa stabilità di condizione motoria garantita nei primi anni di trattamento. E la modalità di somministrazione di farmaci dopaminergici gioca un ruolo fondamentale per il buon esito della terapia. L’obiettivo principale è superare le difficoltà che si presentano con un trattamento per via orale, utilizzando una via di somministrazione sicura e più semplice come quella sottocutanea. Questo device elettronico di ultima generazione rappresenta un importante passo avanti in tal senso, soprattutto perché permette di integrare la terapia con un servizio di assistenza infermieristica al paziente che parte dalla fase iniziale di formazione sul corretto utilizzo della pompa, per poi proseguire in maniera costante per tutta la durata del trattamento e prevede la raccolta di preziose informazioni sull’andamento della terapia, elaborate e condivise con il clinico di riferimento».

 

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