Abbreviare la previsione dei piani terapeutici e, più in generale, semplificare tutti quei processi che tolgono tempo all’attività clinica del medico. E, dall’altra parte, investire sui medici e sugli altri professionisti sanitari, dal punto di vista economico ma anche delle condizioni di lavoro, per rendere attrattivo e ritentivo il Servizio sanitario nazionale.
Sono questi i due versanti sui quali raccomanda di agire la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, per ridurre le liste d’attesa e garantire a tutti una maggiore accessibilità alle cure, secondo i principi di universalità, eguaglianza, equità.
Lo ha ribadito, ancora una volta, il Presidente Filippo Anelli, ascoltato in audizione presso la Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati sul DDL “Prestazioni sanitarie”.
Un italiano su dieci, secondo l’ultimo rapporto Istat, nel 2024 ha rinunciato a visite o esami specialistici. E questo, principalmente, per due motivi: le lunghe liste d’attesa e le difficoltà nel pagare le prestazioni sanitarie. Una tendenza, questa, in crescita sia rispetto al 2023, quando la percentuale era del 7,5% sia rispetto al periodo pre-pandemico, con un 6,3%.
È partito da questi dati “assolutamente preoccupanti” Anelli per esprimere l’apprezzamento della Fnomceo verso l’impegno del Governo a realizzare delle misure per affrontare le liste d’attesa e superare definitivamente la pratica della loro chiusura, “al fine di consentire ai cittadini di ottenere prestazioni nei tempi di attesa corretti a carico del Servizio sanitario nazionale”.
In quest’ottica, ha proseguito “occorre però abbreviare la previsione dei Piani terapeutici, alla luce di un risparmio di visite specialistiche e strumentali che sono oggi propedeutiche alla prescrizione dei farmaci”. Un risparmio che Anelli, dati Osmed alla mano, ha quantificato in cinque milioni di visite specialistiche l’anno, da poter mettere a disposizione dei pazienti che ne hanno bisogno, utilizzandole per l’attività clinica anziché per meri adempimenti burocratici. Semplificando, nel contempo, la vita a tutti quei pazienti fragili, quasi due milioni e trecentomila, per il 69% over 70, che, insieme ai loro caregiver, devono recarsi più volte all’anno, sino a quattro, dallo specialista. E questo non per una visita, ma solo per rinnovare il piano terapeutico, da consegnare poi al Medico di Medicina Generale per ottenere la prescrizione con la quale ritirare il farmaco nelle farmacie territoriali, ospedaliere o presso le Asl. Un peregrinaggio che potrebbe essere snellito, con un risparmio in termini di spostamenti, tempo, energie, denaro per milioni di cittadini e con un aumento dell’efficienza, anche economica, del Servizio sanitario nazionale.
“La nostra proposta – ha affermato Anelli – è che i farmaci sottoposti a piano terapeutico, dopo un anno di monitoraggio dalla prima prescrizione dello specialista del SSN per l’avvio del trattamento, possano essere prescritti, senza ulteriori impegni amministrativi, da tutti i medici anche non operanti nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, ferme restando le condizioni di rimborsabilità stabilite dall’Agenzia Italiana del Farmaco per ciascuna specialità medicinale”.
“Questo intervento – ha spiegato – è finalizzato a garantire una maggiore accessibilità alle cure da parte dei pazienti, a ridurre i costi indiretti delle prestazioni sanitarie, a facilitare e semplificare i percorsi di presa in carico, a contribuire alla riduzione delle liste d’attesa e valorizzare la professionalità di tutti i medici italiani. Ciò al fine di un miglioramento in termini di assistenza dei pazienti fragili, garantendo la continuità terapeutica del trattamento, senza necessità di un ulteriore passaggio del paziente allo specialista del SSN. Nei fatti l’accesso semplificato a terapie appropriate e necessarie avrebbe un rilevante impatto sulla qualità di vita dei pazienti”.
“Il superamento delle barriere prescrittive sollevate dai piani terapeutici – ha aggiunto – non è solo un’esigenza clinica, ma un imperativo etico e organizzativo. L’adozione diffusa di terapie innovative rappresenta una straordinaria opportunità per migliorare la prognosi e la qualità di vita dei pazienti riducendo disuguaglianze, ottimizzando risorse e contenendo la spesa sanitaria collegata alle ospedalizzazioni ripetute e da ultimo garantendo un accesso equo ed efficace a tutti i pazienti eleggibili così come previsto dal nostro sistema sanitario. Pertanto, ritardare o limitare l’accesso alle cure rappresenta sicuramente un comportamento non etico che necessita massima attenzione. In aggiunta, restituire tempo e risorse ai medici significa incrementare il numero di pazienti visitati e migliorare la qualità dell’assistenza. Alleggerendo il carico burocratico e amministrativo, il medico può dedicare più tempo alla pratica clinica e alla gestione diretta dei pazienti. Questo si traduce in un incremento del numero di pazienti visitati e in una maggiore qualità dell’assistenza, permettendo di rispondere in modo più tempestivo ed efficace alle loro necessità, con un impatto positivo sia sulla salute pubblica che sull’organizzazione sanitaria con la riduzione delle liste di attesa”.
Di qui l’auspicio di una proposta emendativa al DDL che introduca tale previsione.
Sempre in un’ottica di semplificazione, il provvedimento incassa l’approvazione della Fnomceo per quanto riguarda il potenziamento della telemedicina quale strumento di integrazione tra i medici dell’ospedale e del territorio. Apertura anche verso la certificazione medica attraverso la telemedicina, anche per la certificazione di malattia per le assenze dal lavoro, per determinate patologie e per prognosi brevi. Qui la Fnomceo si spinge oltre, ribadendo che la certificazione medica dovrebbe essere eliminata per le prognosi brevi, da uno a tre giorni, sostituendola con un’auto attestazione del lavoratore.
Bene anche, sempre con lo stesso obiettivo di snellimento delle procedure e di abbattimento dei costi di gestione, la disposizione sull’approvazione dei bilanci degli Ordini, che contiene in ogni caso una clausola di garanzia.
Altro versante, quello della valorizzazione del personale sanitario.
“Riteniamo importante – ha auspicato Anelli – realizzare il superamento definitivo del tetto alla spesa del personale, un piano straordinario di assunzioni e incentivi che possano rendere il SSN attrattivo. La questione delle retribuzioni è questione politica che deve essere affrontata. Una politica retributiva inadeguata disincentiva la stessa domanda di formazione e alimenta le fughe dei professionisti verso l’estero, sia di chi è dentro il sistema sia di chi si appresta ad entrare. Si rileva che tra il 2015 e il 2022 le retribuzioni dei medici dipendenti sono diminuite, in termini reali, del 6,1% (Censis 2024) ed il costo del personale a tempo indeterminato è calato del 2,8%”.
“La salute è un bene primario – ha commentato Anelli – e diritto di ogni persona: è il momento di proseguire ad investire per garantirla a tutti secondo i principi di universalità, eguaglianza, equità. La sfida per il sistema sanitario è la valorizzazione delle professioni. Senza la professione medica e le altre professioni sanitarie non ci può essere salute per i cittadini. Dobbiamo lavorare per conservare e sostenere il nostro Servizio sanitario nazionale, partendo dal capitale umano, dai professionisti, dalle donne e dagli uomini che ne costituiscono il tessuto connettivo. Dobbiamo trovare risorse che rendano più attrattivo il Servizio sanitario nazionale per i professionisti e che, sul territorio, rafforzino le cure primarie con tutte quelle figure e competenze professionali ora quasi assenti. L’invito è a intervenire con urgenza su un sistema sanitario nazionale che ha bisogno soprattutto di professionisti, di investire sui professionisti: sui medici, sugli infermieri sui fisioterapisti, sugli psicologi, insomma su 31 professioni che possono cambiare la vita agli italiani”.
Va in questo senso l’articolo 1, che ribadisce in primo luogo, che competono al medico la diagnosi, la prognosi e la terapia in merito alla specifica situazione clinica e che rappresenta un primo passo verso la definizione dell’atto, anzi del ruolo, medico, che la Fnomceo auspica da tempo. Apprezzamento, in generale, per l’impegno del Governo per arginare il reclutamento dei “gettonisti”, anche se con forti perplessità per quanto riguarda il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa che, secondo la Fnomceo, “preludono alla nascita di un nuovo precariato”.
“Occorre invece – ha puntualizzato Anelli – stimolare le procedure assunzionali a tempo indeterminato e valorizzare le professionalità interne con concorsi meritocratici”.
Significativa anche l’istituzione di un fondo di 3 milioni di euro per il 2025, finalizzato a ridurre gli accessi impropri al Pronto Soccorso e a contribuire allo smaltimento delle liste d’attesa, incentivando l’acquisto, da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, di servizi e soluzioni digitali per la gestione automatizzata degli appuntamenti, la comunicazione con i pazienti e l’effettuazione di prestazioni base di telemedicina.
“In ordine alla medicina generale – ha sottolineato Anelli – si evidenzia la necessità di riforme quali l’integrazione della telemedicina, la digitalizzazione dei servizi, il potenziamento della medicina territoriale, una differente organizzazione dei medici di medicina generale. Non possiamo non evidenziare che occorre una maggiore dotazione di personale e che gli attuali carichi di lavoro rendono difficile il percorso di riforma”.
Bene anche il potenziamento dell’erogazione di servizi sanitari e sociosanitari da parte dei Dipartimenti di Salute mentale.
Anelli ha poi ribadito le perplessità della Fnomceo sulla norma del “Decreto Legge Liste d’attesa” che prevede, quale sanzione per il mancato raggiungimento degli obiettivi, la sospensione dell’attività intramoenia individuale.
” Questa Federazione – ha spiegato – ritiene che vada difeso il diritto dei cittadini alla scelta del medico di fiducia e il diritto dei medici a svolgere attività aggiuntive, ritenendo che l’intramoenia sia uno strumento utile per il sistema sanitario pubblico”.
Infine, Anelli ha chiesto di rendere strutturato e definitivo il cosiddetto “scudo penale”, al fine di restituire serenità ai professionisti e proteggere gli stessi dalle cause infondate e dalle denunce ingiuste.