Vietare il riconoscimento di un figlio, nato in Italia grazie alla procreazione medicalmente assistita (PMA) praticata all’estero, ad entrambe le madri di una coppia omosessuale è incostituzionale. È il parere della Corte Costituzionale espresso con la sentenza numero 69, depositata oggi, che ha ritenuto “fondate” le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Lucca che, nel 2024, aveva rinviato alla Corte Costituzionale la questione del riconoscimento dei bambini nati in Italia e concepiti all’estero tramite fecondazione eterologa come figli di due madri.
Si tratta, dunque, di un verdetto che passerà alla storia: riconoscere come madre solo la donna che ha partorito e non la cosiddetta ‘madre intenzionale’, che ha prestato il consenso alla pratica fecondativa, viola gli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione. In particolare, viola l’articolo 2 della Costituzione per la lesione dell’identità personale del nato e del suo diritto a vedersi riconosciuto sin dalla nascita uno stato giuridico certo e stabile. L’articolo 3 per la irragionevolezza dell’attuale disciplina che non trova giustificazione in assenza di un contro interesse di rango costituzionale. E, infine, l’articolo 30 perché lede i diritti del minore a vedersi riconosciuti, sin dalla nascita e nei confronti di entrambi i genitori, i diritti connessi alla responsabilità genitoriale e ai conseguenti obblighi nei confronti dei figli.
“La scelta legislativa di non consentire alla donna singola di accedere alla procreazione medicalmente assistita (Pma) – si legge nella sentenza – limita l’autodeterminazione orientata alla genitorialità in maniera non manifestamente irragionevole e sproporzionata”. Inoltre, “la dichiarazione di illegittimità costituzionale si fonda su due rilievi: la responsabilità che deriva dall’impegno comune che una coppia si assume nel momento in cui decide di ricorrere alla PMA per generare un figlio, impegno dal quale, una volta assunto, nessuno dei due genitori, e in particolare la cosiddetta madre intenzionale, può sottrarsi; la centralità dell’interesse del minore a che l’insieme dei diritti che egli vanta nei confronti dei genitori valga, oltre che nei confronti della madre biologica, nei confronti della madre intenzionale”, osserva ancora la Consulta.
“Dalla considerazione di questi fondamenti discende che il mancato riconoscimento fin dalla nascita dello stato di figlio di entrambi i genitori lede il diritto all’identità personale del minore e pregiudica sia l’effettività del suo ‘diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni’ sia il suo ‘diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale'”, scrive la Consulta.
La Corte ha ricordato che la disciplina dell’accesso alla Pma presenta rilevanti implicazioni bioetiche e incisivi riflessi sociali sui rapporti interpersonali e familiari. Per tale ragione essa è rimessa, in linea di principio, alla discrezionalità del legislatore, con l’unico limite della manifesta irragionevolezza e sproporzione alla luce del complesso degli interessi coinvolti. Secondo la Corte, nell’attuale assetto normativo, non consentire alla donna di accedere da sola alla Pma rinviene tuttora una giustificazione nel principio di precauzione a tutela dei futuri nati. È, infatti, nel loro interesse che il legislatore ha ritenuto di “non avallare un progetto genitoriale che conduce al concepimento di un figlio in un contesto che, almeno a priori, esclude la figura del padre”. Nondimeno, la Corte ha ribadito, in linea con i propri precedenti, che non sussistono ostacoli costituzionali a una eventuale estensione, da parte del legislatore, dell’accesso alla procreazione medicalmente assistita anche a nuclei familiari diversi da quelli attualmente indicati, e nello specifico alla famiglia monoparentale.
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