Per la prima volta in vent’anni si interrompe la crescita costante delle TAVI, le sostituzioni transcatetere della valvola aortica. Un dato che arriva come uno scossone, soprattutto se letto alla luce delle più recenti evidenze scientifiche che ne stanno ampliando le indicazioni cliniche. Nel 2024, gli interventi sono stati poco meno di tredicimila, con un incremento di appena lo 0,24% rispetto all’anno precedente. Numeri che, pur rappresentando un consolidamento della procedura, sollevano interrogativi importanti sul reale accesso alle tecnologie più avanzate e sulla capacità del sistema sanitario di soddisfare un fabbisogno in crescita. A raccontare questa fase di transizione è il Report annuale del GISE, la Società Italiana di Cardiologia Interventistica, presentato in occasione del convegno “ThinkHeart with GISE”, ospitato al Ministero della Salute. Un bilancio che riflette da un lato l’evoluzione rapida di tecniche sempre più mini-invasive e sofisticate, dall’altro le disuguaglianze ancora forti nella distribuzione territoriale delle cure. La fotografia scattata dai dati, che coprono oltre il 90% dei centri attivi in Italia, è quella di una cardiologia interventistica viva, dinamica, capillare, ma ancora alle prese con vincoli organizzativi ed economici difficili da superare.
Lo dimostra anche il rallentamento registrato nelle angioplastiche coronariche, che nel 2024 crescono di meno dell’1%, pur mantenendo standard quantitativi elevati. Un rallentamento che può riflettere gli effetti della prevenzione, ma che riaccende i riflettori sul sotto-utilizzo di strumenti fondamentali come l’imaging intracoronarico e lo studio funzionale delle stenosi, tecniche raccomandate a livello internazionale per migliorare la qualità e la sicurezza delle procedure. La loro scarsa diffusione, secondo il GISE, è dovuta in buona parte alla mancanza di tracciabilità codificata e a limiti economici nella dotazione dei centri. Eppure, non mancano i segnali positivi. Le procedure strutturali su mitrale e tricuspide, pur con numeri assoluti ancora modesti, registrano una crescita significativa, così come le tecniche di chiusura dell’auricola sinistra, sempre più riconosciute come strumenti efficaci nella prevenzione dell’ictus. Indicatori di un settore in fermento, che sa innovare e adattarsi, ma che chiede con forza strumenti adeguati per consolidare e ampliare quanto già costruito.
È su questa tensione tra innovazione e diseguaglianza che si concentra la riflessione del presidente GISE, Francesco Saia, che invoca un’alleanza strutturata tra società scientifiche, istituzioni, industria e cittadini. Solo una strategia condivisa, avverte, può evitare che i progressi raggiunti si trasformino in privilegi per pochi. Perché, se è vero che oggi l’Italia può contare su una delle reti più efficienti al mondo per il trattamento dell’infarto acuto, è altrettanto vero che la qualità delle cure non può continuare a variare in base alla Regione di residenza. Un messaggio che trova pieno riscontro anche nelle parole del Sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, che rilancia la necessità di ridurre lo squilibrio tra spesa per le cure e spesa per la prevenzione, oggi drammaticamente sbilanciata. Ma c’è di più. Il cambiamento, secondo Gemmato, deve passare anche attraverso una rilettura moderna del Servizio Sanitario Nazionale, in grado di sostenere le sfide di un’Italia che invecchia e che ha bisogno di cure sempre più personalizzate, tempestive e sostenibili.
In questo quadro, il tema della disparità regionale rimane una ferita aperta. Le differenze nella diffusione delle TAVI e nelle tecnologie di supporto diagnostico rivelano una frattura che rischia di amplificarsi se non affrontata con strumenti di programmazione e investimento mirati. La cardiologia interventistica italiana ha dimostrato di saper crescere, innovare, formare professionisti altamente qualificati e garantire una presa in carico rapida ed efficace. Ma oggi, più che mai, ha bisogno di essere messa in condizione di farlo ovunque, senza ostacoli e senza eccezioni. Non basta raccogliere i dati, bisogna trasformarli in scelte concrete. Non basta raccontare l’eccellenza, bisogna renderla accessibile.
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