Un sistema sanitario capace di includere anche chi vive ai margini, in condizioni di privazione della libertà, è lo specchio di una società che non lascia indietro nessuno. Con questo spirito, la Giunta regionale del Lazio, su iniziativa del presidente Francesco Rocca, ha approvato un documento che ridisegna l’organizzazione dei servizi sanitari all’interno degli istituti penitenziari del territorio. “La salute è un diritto fondamentale, che appartiene a ogni persona, senza distinzione – spiega Rocca – .Con questa riorganizzazione, la Regione Lazio compie un passo concreto per garantire cure adeguate e dignitose anche a chi vive in una condizione di restrizione della libertà. È un impegno che portiamo avanti con serietà, ascolto e collaborazione, convinti che una società giusta si misura anche dalla sua capacità di non lasciare indietro nessuno”.
Il documento approvato definisce in maniera chiara la programmazione, l’organizzazione e il monitoraggio dei livelli minimi di assistenza sanitaria da garantire in ambito penitenziario: dalla medicina generale alla specialistica, dalla salute mentale alle dipendenze, senza dimenticare l’accoglienza, la continuità assistenziale, la prevenzione e gli screening. Il cuore dell’intervento risiede nella costruzione di percorsi diagnostico-terapeutici dedicati alla popolazione detenuta, pienamente integrati nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Un lavoro di squadra che ha coinvolto le istituzioni sanitarie, penitenziarie e giudiziarie del Lazio, chiamate a confrontarsi su numeri che raccontano una realtà complessa. Con 14 istituti penitenziari – tra cui tre case di reclusione e 11 case circondariali, una delle quali femminile – la regione ospita circa 6.800 detenuti, con una presenza straniera pari al 37%, ben al di sopra della media nazionale (32%) e con punte superiori al 50% in istituti come Regina Coeli e Rieti.
Ma ciò che rende ancora più urgente l’intervento è il sovraffollamento strutturale: il Lazio è la quarta regione italiana per numero di detenuti (dopo Lombardia, Campania e Sicilia), con un tasso di presenze nettamente superiore alla capienza prevista. Una condizione che acuisce le fragilità, compromette l’equità dell’assistenza e impone risposte concrete. “La riorganizzazione – spiega la Regione – mira a rafforzare il supporto delle singole ASL nei territori in cui sono presenti uno o più istituti penitenziari, per garantire la presa in carico tempestiva, continua e integrata dei bisogni sanitari dei detenuti. Non un piano calato dall’alto, ma un modello costruito sul dialogo e sulla co-progettazione, con l’obiettivo di trasformare le prigioni in luoghi dove la cura e la salute restano un diritto inviolabile”.
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