Più gli anni passano e più è difficile ricordarsi le cose. Tuttavia, c’è un elemento che può fare la differenza: il benessere psicologico. Ne è la prova uno studio condotto dall’Università di Liverpool, pubblicato sulla rivista scientifica Aging & Mental Health, che ha seguito per 16 anni oltre 12mila adulti con più di 50 anni, monitorandone periodicamente livelli di benessere emotivo e funzioni cognitive. Secondo i ricercatori, guidati da Amber John, “sentirsi bene con sé stessi, avere uno scopo nella vita, sperimentare piacere, autonomia, senso di controllo e autorealizzazione non solo migliora la qualità della vita, ma aiuta anche a proteggere la memoria nel tempo”.
Lo studio è stato condotto nell’ambito dell’English Longitudinal Study of Ageing (ELSA) e ha escluso, all’inizio, le persone con diagnosi di demenza. I partecipanti sono stati valutati nove volte in 16 anni, con test specifici per la memoria (richiamo immediato e ritardato di parole) e questionari sul benessere psicologico (CASP-19). Risultato? Più alto era il livello di benessere riportato, migliori erano le prestazioni nei test di memoria, in modo costante lungo tutti i momenti di valutazione. I valori di associazione, espressi in termini statistici (β compresi tra 0,04 e 0,07), indicano un legame reale, anche se di entità contenuta.
Ma gli studiosi non si sono fermati qui: hanno voluto scoprire se tale rapporto fosse bidirezionale. La risposta è negativa. Una buona memoria non predice automaticamente un maggiore benessere futuro. Questo, secondo i ricercatori, potrebbe significare che l’effetto contrario (cioè la memoria che influisce negativamente sul benessere) si manifesti solo dopo l’insorgenza di un deterioramento cognitivo rilevante, come quello che accompagna l’Alzheimer o altre forme di demenza.
In altre parole, prendersi cura del proprio benessere può diventare una strategia concreta per proteggere la memoria e la salute del cervello nella mezza età. Secondo gli autori “interventi mirati, dalla mindfulness al rafforzamento del senso di efficacia personale, fino a una maggiore connessione sociale, potrebbero diventare strumenti preziosi per contrastare il declino cognitivo, migliorando al tempo stesso – concludono – la qualità della vita”
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