Salute 29 Novembre 2019 10:00

Più della metà dei ragazzi italiani fa uso di sostanze. Villa Von Siebenthal in prima linea contro le dipendenze

A Genzano, la struttura all’avanguardia di Villa Von Siebenthal si studiano i danni delle droghe sul cervello attraverso le risonanze magnetiche

di Federica Bosco

Droga alcol e gioco d’azzardo, le dipendenze tra i più giovani stanno diventando una piaga sociale. Al mondo si stimano 188 milioni di ragazzi che fanno uso di cannabis, 53 milioni di oppioidi, 29 milioni anfetamine a cui si aggiungono i 2,5 milioni di consumatori abituali di alcol nei fine settimana.

Il quadro non è meno allarmante in Italia dove il 55% dei ragazzi, maschi e femmine in egual misura, tra i 12 e i 17 anni fa uso di sostanze, con conseguenze devastanti a livello cerebrale. Una caduta libera che si cerca di frenare con trattamenti intensivi come avviene a Villa Von Siebenthal di Genzano, in provincia di Roma, dove una rete di medici diretta dal Professor Sergio De Filippis, Psichiatra, Docente Psichiatria delle Dipendenze Sapienza Università di Roma, cerca di fare una corsa contro il tempo per evitare danni permanenti. Si tratta del primo centro accreditato per il contrasto

Una volta che arrivano a Villa Von Siebenthal di Genzano che tipo di percorso fanno i ragazzi vittime di una dipendenza?
«Abbiamo 20 posti letto per la neuropsichiatria infantile e 70 per i giovani adulti. È una struttura all’avanguardia perché cerchiamo di portare avanti non solo un discorso di disintossicazione, ma anche di prevenzione, facendo una diagnosi con risonanze magnetiche attraverso cui si vedono i danni e la neuro evoluzione del cervello. Questo è molto importante perché si vedono i danni che subisce la corteggia frontale del ragazzo».

«Il percorso è in acuzie dove occorre togliere in maniera immediata l’astinenza nel ragazzo per cui c’è un percorso psicoterapico da seguire, dove il giovane viene preso in cura da un operatore di cui si deve fidare e che lo seguirà per un periodo da tre mesi ad un anno e mezzo. Lo staff è multidisciplinare, parte dalla neuropsichiatria infantile, alla psichiatria dell’adolescenza e dell’adulto, agli psicologhi, ai tecnici psichiatrici, fino ad educatori e infermieri ; tutti insieme per gareggiare contro le sostanze».

Quando si può dire che un ragazzo è salvo?
«Per un anno il ricordo è fortissimo, deve avere un ambiente il più possibile sereno. Ricordiamoci che questi ragazzi vengono da fattori traumatizzanti, tanti ragazzi sono adottati, hanno genitori separati. Tanti hanno subito violenze fisiche, verbali e psicologiche e quindi hanno bisogno di ricostruire un ambiente che deve essere a tratti il più ovattato possibile e il più inclusivo possibile, deve entrare in un processo terapeutico ed essere il più integrante possibile».

Le percentuali di completa riabilitazione quali sono?
«Molto dipende dal momento dell’intervento. Se è un intervento precoce si può recuperare fino a un 64/65 percento, se invece è tardivo si crea un processo di neuro degenerazione, come la demenza senile, dove il ragazzo inizia ad avere il suo cervello atrofizzato. Noi stiamo vedendo delle risonanze magnetiche di ragazzi di 25/26/27 anni che hanno delle ischemie croniche, delle sostanze grigie e bianche a livello del corpo calloso del cervello ed è assimilabile ad un uomo di 70 anni. In questo caso è indispensabile allontanarlo il più possibile dalle sostanze. Se si riesce per almeno un anno le ischemie si assorbono, perché la corteggia prefrontale è ancora funzionale, ma se si perdono due anni dall’intervento si atrofizza, il ventricolo si allarga e si comprime e si lesionano la corteggia grigia e bianca. In quel caso non c’è più nulla da fare e ci si avvia verso una demenza senile».

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