Salute 27 Ottobre 2023 07:55

Giornata mondiale 2023 contro l’ictus cerebrale, prevenzione possibile in 9 casi su 10

Per quest’anno la World Stroke Organization ha lanciato il tema #PiuFortidellIctus, ribadendo che stili di vita adeguati, un’alimentazione corretta, bilanciata e sana come quella prevista dalla dieta mediterranea, l’astensione dal fumo, la moderazione del consumo di alcol, il monitoraggio di pressione e colesterolo, della glicemia possono prevenire l’ictus nel 90% dei casi

Giornata mondiale 2023 contro l’ictus cerebrale, prevenzione possibile in 9 casi su 10

Colpisce più di 12 milioni di persone ogni anno ed è la principale causa di disabilità nel mondo. Eppure, in nove casi su dieci l’ictus cerebrale è associato a fattori di rischio prevenibili. Ed è proprio la possibilità di agire sulla stragrande maggioranza di questi fattori il focus della Giornata mondiale 2023 contro l’ictus cerebrale, che si celebra il 29 ottobre. Per quest’anno la World Stroke Organization ha lanciato il tema #PiuFortidellIctus (#GreaterThanSktroke), ribadendo che stili di vita adeguati, un’alimentazione corretta, bilanciata e sana come quella prevista dalla dieta mediterranea, l’astensione dal fumo, la moderazione del consumo di alcol, il monitoraggio di pressione e colesterolo, della glicemia possono prevenire l’ictus nel 90% dei casi.

Ictus e disabilità

Quasi 100mila italiani vengono colpiti ogni anno da ictus e la metà dei superstiti rimane con problemi di disabilità anche grave. In Italia, le persone che hanno avuto un ictus e sono sopravvissute, con esiti più o meno invalidanti, sono oggi circa un milione, ma il fenomeno è in crescita sia perchè si registra un invecchiamento progressivo della popolazione sia per il miglioramento delle terapie attualmente disponibili. “L’ictus è  un evento traumatico, improvviso e inatteso – spiega Andrea Vianello, Presidente di Alice Italia Odv, Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale -. La nostra Associazione è da sempre impegnata in attività di sensibilizzazione e informazione, perché è di fondamentale importanza che tutti i cittadini siano consapevoli che i fattori di rischio, da soli e ancora di più in combinazione tra loro, aumentano il rischio di essere colpiti da ictus cerebrale. Si tratta di una patologia che, come tutte le malattie cardiovascolari e i tumori, può essere causata dalla concomitante azione di più fattori, come appunto ipertensione arteriosa, obesità, diabete, fumo, sedentarietà ed alcune anomalie cardiache e vascolari”.

Assistenza e cura disomogenee sul territorio nazionale

#PiuFortidellIctus fornisce un messaggio positivo sulla prevenzione dell’ictus, evidenziando che agire è ciò  che può fare la differenza, che si tratti di decisioni politiche governative che rendano i servizi più accessibili o semplicemente delle scelte quotidiane come singoli, partendo proprio dall’individuare le condizioni su cui si può intervenire. Tuttavia le possibilità di accesso alle cure non sono omogenee sul territorio nazionale: nel Sud Italia si trova solo il 22% delle Unità Ictus (Stroke Unit), con 45 strutture, mentre il Centro del Paese ne ospita il 26% (per 55 reparti), al Nord si concentra il 52%, con ben 108 unità. I dati sono emersi dalla survey lanciata da ISA-AII e rivolta ai 208 centri ictus italiani, che mostrano una grande disomogeneità nella distribuzione sul territorio.

Stroke Action Plan for Europe

Per contribuire a supportare tutti i pazienti, l’ESO – European Stroke Organisation e SAFE – Stroke Alliance For Europe hanno lanciato un piano per l’attuazione dello Stroke Action Plan for Europe, un progetto per l’implementazione di linee guida volte a stabilire, entro il 2030, piani nazionali condivisi in tutti i 53 Paesi europei per il trattamento dell’ictus. ISA-AII chiede la firma della Dichiarazione di azione del SAP-E (Stroke Action Plan for Europe) da parte del Ministro della Salute italiano, come gesto simbolico di impegno istituzionale. 5“Il numero di persone colpite ogni anno da ictus è alto – afferma Danilo Toni, Past President ISA-AII – e si stima un aumento del 26% nel prossimo futuro. Significherebbe un significativo incremento dei costi sanitari legati alla gestione della malattia, che in Europa sono già stimati in 60 miliardi di euro e potrebbero arrivare a 86. Purtroppo non possiamo eliminare le probabilità di incorrere in questo evento medico, ma è possibile ridurle con maggiore attenzione alla prevenzione primaria. Il miglioramento degli stili di vita passa dalla riduzione dei fattori di rischio, come il fumo, il consumo eccessivo di alcool e di junk food e la sedentarietà. Obesità, ipertensione e diabete sono patologie che possono favorirne l’insorgenza. Oggi il Nord Italia detiene il maggior numero di Stroke Unit del Paese, mentre il Centro e soprattutto il Sud sono molto carenti. Ai pazienti deve essere garantita, su tutto il territorio, una presa in carico rapida e una riabilitazione completa. Per questo è necessario un impegno soprattutto a livello istituzionale”.

La riabilitazione post ictus

“Oggi, in Italia, sono 913 mila le persone che hanno avuto un ictus e sono sopravvissute – spiega Paola Santalucia, Presidente Eletto ISA-AII –. Molte di loro presentano invalidità più o meno gravi, come paralisi, difficoltà motorie e del linguaggio. Tra i disturbi più comuni c’è la spasticità, che colpisce il 20% dei pazienti a 3 mesi dall’evento. Per potere gestire al meglio questi problemi è necessario intraprendere percorsi riabilitativi nel più breve tempo possibile, con inizio già nella Stroke Unit che ha ospitato il malato in seguito all’evento. Purtroppo questo non sempre avviene. Con la campagna Strike on Stroke, che abbiamo promosso come ISA-AII, ci siamo posti l’obiettivo di indagare questa situazione e impegnarci per un miglioramento. Oggi chiediamo che le istituzioni italiane mostrino il loro impegno con la firma della Dichiarazione di azione dello Stroke Action Plan for Europe, come già fatto da altri 12 Paesi, per il potenziamento dell’intero percorso di cura”.

Gli obiettivi per il 2030

“In tutta Europa sono oltre 1 milione le persone colpite da questa patologia – aggiunge Simona Sacco, Presidente ESO, European Stroke Organization –. Un numero importante, che richiede azioni concrete. Nel 2018 abbiamo quindi lanciato SAP-E, lo Stroke Action Plan for Europe, con l’obiettivo di raggiungere quattro obiettivi primari entro il 2030: la riduzione del 10% degli ictus in Europa, il trattamento del 90% o più dei pazienti nelle Stroke Unit, l’implementazione di piani nazionali dalla prevenzione primaria alla vita post-malattia e l’attuazione di strategie nazionali per la riduzione dei fattori di rischio. Sono raccomandazioni realizzate grazie all’impegno di 70 esperti che hanno analizzato lo stato attuale di cura della patologia e ne hanno evidenziato le criticità. A 5 anni dalla nascita del progetto è importante che anche l’Italia avvii politiche attive a questo riguardo.

Garantire i servizi essenziali

“La Giornata Mondiale dell’Ictus è un’occasione unica per sottolineare la rilevanza di un gesto simbolico da parte delle Istituzioni – continua Francesca Romana Pezzella, Segretario ISA-AII e co-chair Stroke Action Plan for Europe di ESO –. La firma della dichiarazione di azione del SAP-E da parte del Ministro della Salute potrebbe aiutare a cambiare il futuro dei numerosissimi pazienti che ogni giorno si trovano a combattere contro gli esiti invalidanti di questa malattia. È fondamentale che si possano garantire i servizi essenziali e per questo è necessario un attento monitoraggio su tutto il territorio, da Nord a Sud dello stivale. La disomogeneità di cura è un fenomeno che purtroppo colpisce il nostro Paese, ma su cui è importante intervenire”.

Sostenere i caregiver

“Come associazione di volontariato che rappresenta, nel nostro Paese, le persone colpite da ictus cerebrale e le loro famiglie, ribadiamo l’importanza di sollecitare gli addetti alla programmazione sanitaria a livello regionale e nazionale – conclude Nicoletta Reale, Past president di A.L.I.Ce. Italia O.D.V. – Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale –. Abbiamo bisogno di percorsi funzionali e omogenei su tutto il territorio, di maggior sensibilizzazione sulla prevenzione, che troppo spesso viene trascurata, di indicazioni su dove essere curati e sull’importanza di essere ricoverati nelle Unità Neurovascolari (Stroke Unit). Ultimo, ma non certo per importanza, è essenziale che tutti sappiano dove e come effettuare riabilitazione e quanto sia essenziale per poter recuperare le abilità residue e ‘riprendersi’ la propria vita. Più la persona colpita e il caregiver sono informati, più possono far valere il loro diritto alla cura, che sia il più possibile equa e omogenea su tutto il territorio nazionale. L’impegno istituzionale potrebbe diventare anche un’ottima occasione di confronto tra clinici e associazioni per individuare i bisogni primari e definire i percorsi per potervi rispondere adeguatamente”.

 

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