I farmaci per dimagrire, spesso descritti come efficaci e rivoluzionari, non sono sempre la soluzione giusta per la gestione del peso. I risultati dei trial clinici sono senza dubbio notevoli, ma cosa accade quando questi farmaci vengono utilizzati nella vita reale, fuori dai protocolli controllati della sperimentazione? Allo domanda risponde uno studio della Cleveland Clinic, guidato dal ricercatore Hamlet Gasoyan e pubblicato su Obesity Journal. Il lavoro ha analizzato i dati di 7.881 pazienti adulti con obesità clinicamente severa, che tra il 2021 e il 2023 avevano iniziato un trattamento con semaglutide o tirzepatide in formulazione iniettabile. I ricercatori si sono concentrati su un punto cruciale: valutare l’efficacia della terapia anti-obesità nella pratica quotidiana.
Le evidenze raccolte hanno raccontato una storia diversa da quella dei trial. Più del 20% dei pazienti ha interrotto il trattamento entro tre mesi e un ulteriore 32% lo ha abbandonato entro un anno. Ma il problema non si limita alla scarsa continuità: oltre l’80% dei pazienti assumeva dosi di mantenimento inferiori a quelle raccomandate, cioè non sufficienti a sostenere un effetto terapeutico adeguato. Questi due fattori, ovvero l’interruzione precoce e il sottodosaggio, hanno avuto un impatto diretto sui risultati in termini di perdita di peso. A un anno dall’inizio della terapia, chi ha interrotto precocemente aveva perso in media solo il 3,6% del peso corporeo, mentre chi ha interrotto più tardi ha ottenuto una riduzione del 6,8%. Decisamente più incoraggianti i risultati di chi ha mantenuto il trattamento in modo costante, con una perdita media dell’11,9% del peso. La differenza si fa ancora più marcata se si osservano i pazienti che hanno assunto il farmaco al dosaggio corretto per tutto l’anno: in questo sottogruppo, la riduzione di peso è stata del 13,7% per chi assumeva semaglutide e del 18% per chi era in trattamento con tirzepatide. Quest’ultimo principio attivo si è dimostrato, infatti, il più efficace tra i due, anche se altrettanto vulnerabile agli effetti negativi dell’interruzione o del dosaggio inadeguato.
Lo studio dimostra che l’efficacia di questi farmaci nella vita reale è strettamente legata a due elementi chiave: la continuità della cura e l’aderenza al corretto dosaggio. Quando uno di questi due fattori viene a mancare, i risultati si riducono drasticamente, rendendo difficile raggiungere quella soglia clinica del 10% di perdita di peso che è associata a miglioramenti significativi della salute metabolica. Per la comunità medica, questo studio rappresenta un campanello d’allarme. Conferma che, sebbene semaglutide e tirzepatide siano farmaci innovativi ed efficaci, la loro reale utilità dipende da un’attenta gestione clinica.
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