Difficoltà economiche, precarietà lavorativa, costo crescente della vita, paura di un futuro instabile segnato da guerre, crisi climatiche e disuguaglianze: sono questi i motivi per cui oggi i giovani non vogliono mettere al mondo un figlio. Sognano di essere genitori, ma si sentono ostacolati: la vera crisi della fertilità è la mancanza di libertà di scelta. Potremmo riassumere così l’esito del nuovo rapporto dell’UNFPA, l’agenzia delle Nazioni Unite per la salute sessuale e riproduttiva, che, in 169 pagine, offre una fotografia mondiale delle principali cause della denatalità. Il titolo già dice tutto: “La vera crisi della fertilità: la ricerca dell’autonomia riproduttiva in un mondo in cambiamento”.
L’indagine, condotta in 14 Paesi che rappresentano il 37% della popolazione mondiale, rivela che quasi il 40% degli intervistati indica le difficoltà finanziarie come primo motivo per cui ha avuto meno figli di quanti avrebbe voluto. A seguire, la mancanza di sicurezza sul lavoro e l’impossibilità di accedere a una casa. Non si tratta quindi di una generazione che volta le spalle alla genitorialità, ma di uomini e donne che si trovano a dover rinunciare a una parte fondamentale del proprio progetto di vita perché il contesto in cui vivono non offre gli strumenti minimi per poterlo realizzare. Secondo il report, infatti, quasi la metà delle persone in età riproduttiva nel mondo non ha il numero di figli che avrebbe voluto. Non per scelta, dunque, ma per mancanza di condizioni favorevoli.
Il rapporto mette in guardia dai facili slogan e dalle soluzioni affrettate. Le politiche che puntano tutto su incentivi economici, bonus bebè o obiettivi di natalità rischiano non solo di rivelarsi inefficaci, ma anche di violare il diritto delle persone a decidere liberamente se e quando diventare genitori. Il punto non è spingere le nascite, ma rimuovere gli ostacoli che impediscono di fare scelte autentiche. La fertilità, ci ricorda l’UNFPA, non è un tasso da correggere, ma una libertà da proteggere. In questo scenario, i governi sono chiamati a cambiare prospettiva: non si tratta di imporre modelli di famiglia, ma di creare le condizioni perché ogni persona possa costruire il proprio percorso, senza pressioni, senza ricatti, senza dover sacrificare i propri desideri all’altare dell’incertezza economica. La vera sfida, oggi, è garantire accesso a servizi completi per la salute riproduttiva, tutelare la dignità del lavoro, sostenere i tempi della cura, rendere possibile la conciliazione tra vita e affetti. E, soprattutto, considerare l’immigrazione non come un problema, ma come una risorsa per affrontare il calo della popolazione senza perdere coesione sociale e vitalità economica.
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