Salute 27 Novembre 2023 12:39

Come affrontare un tumore, da Bologna il modello per i 3,6 milioni di pazienti “Onconauti”

Per chi affronta un tumore è necessario un percorso di riabilitazione psicofisico che si sviluppi su diversi livelli. Il miglioramento dello stile di vita fondamentale anche per evitare recidive o secondi tumori

di I.F.
Come affrontare un tumore, da Bologna il modello per i 3,6 milioni di pazienti “Onconauti”

Sono circa 3 milioni e 600mila i pazienti oncologici lungo sopravviventi in Italia che necessitano di un follow up che tenga conto della loro delicata situazione clinica, psicologica, sociale, con servizi che siano erogati anche dal territorio. Da questa esigenza è nato il progetto di interventi integrati dell’Associazione Onconauti, presentato nell’XI Congresso Nazionale, dal titolo: “Un nuovo modello di follow up oncologico tra Ospedale e Territorio: i trattamenti integrati per rispondere ai nuovi bisogni dei pazienti”, tenutosi nei giorni scorsi presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna.

Il modello Onconauti: territorio, personalizzazione, trattamenti integrati

Il modello sperimentale di follow up oncologico territoriale applicato a Bologna si basa su tre elementi: invio dei pazienti dall’Ospedale agli ambulatori di Oncologia Territoriale in modalità telematica, esami di screening personalizzati, i trattamenti integrati. “Il follow up deve essere sviluppato nelle case di comunità, quindi sul territorio, e deve essere personalizzato in base alle caratteristiche genetiche, fisiche e psicosociali dei pazienti – spiega Stefano Giordani, Direttore Scientifico Associazione Onconauti. – Serve poi una prevenzione mirata: ciò non significa solo andare ad escludere la presenza di recidiva del tumore, che dopo i primi due anni è nella maggior parte dei casi un evento abbastanza raro, ma aiutare le persone a migliorare lo stile di vita, soprattutto l’attività fisica e il controllo del peso che, come conferma la letteratura scientifica, nei pazienti con tumori del seno, della prostata e del colon (il 50% del totale) possono ridurre del 30-40% il rischio di recidiva e prevenire la comparsa di tumori su altri organi, rimuovendone le cause ‘non trasmissibili’ (sedentarietà, cattiva alimentazione, fumo, obesità)”.

I trattamenti integrati

“Come dimostrano ad esempio i più recenti studi sui ‘secondi tumori’ del polmone nei pazienti in follow up , una delle neoplasie con la più bassa sopravvivenza, con uno screening personalizzato associato ad una presa in carico per la cessazione del fumo nei soggetti a rischio si può arrivare ad una elevata percentuale di diagnosi precoce, che permette la possibilità di trattamenti efficaci. Occorre poi – aggiunge Giordano – un adeguato management delle tossicità tardive indotte dai trattamenti oncologici, e anche qui la presa in carico di prossimità nelle Case di Comunità in collaborazione con i Medici di Famiglia e gli Specialisti Territoriali potrebbe evitare molte richieste di esami inappropriati e un inutile sacrificio di tempo per pazienti e i loro caregiver . Il terzo livello è quello dei trattamenti integrati: attività come sedute di yoga, agopuntura o shiatsu, riflessologia e Qi Gong, e interventi formativi ed esperienziali sullo stile di vita per acquisire un’alimentazione salutare e svolgere attività fisica regolare; supporto psicologico (arteterapia, mindfulness, ecc); e, in caso di necessità specifiche, sedute di fisioterapia o consulenze specialistiche mirate”.

Il laboratorio sperimentale

Il Congresso dell’Associazione Onconauti si propone di stimolare un confronto tra oncologi, pazienti, esperti di trattamenti integrati e istituzioni sulla necessità di innovazione del modello organizzativo del follow up oncologico, il programma di sorveglianza oncologica al termine dei trattamenti, che richiede dei cambiamenti sostanziali. La Rete Oncologica Metropolitana dell’AUSL Bologna e l’Associazione Onconauti propongono l’apertura di un ‘laboratorio sperimentale’ alla ricerca di una nuova chiave di lettura: quella della continuità di presa in carico tra Ospedale e Territorio, che vede le Reti di Associazioni di pazienti come indispensabile elemento di ‘cerniera’ tra questi due ambiti. È l’occasione anche per fare il punto sul ruolo su telemedicina e Intelligenza artificiale come strumenti per facilitare la presa in carico integrata tra Ospedale e Territorio, senza dimenticare però il valore centrale della umanizzazione delle cure.

Come ridurre il rischio di recidive

“L’obiettivo è l’attuazione del piano oncologico nazionale, seguendo le linee guida nazionali e internazionali sui trattamenti integrati – spiega Stefano Giordani -. I percorsi integrati devono essere complementari ai PDTA oncologici, in quanto non solo migliorano la qualità di vita, ma possono contribuire se associati alle cure oncologiche anche ad allungare la sopravvivenza. Per i tumori di prostata e mammella, che costituiscono il 50% dei pazienti in follow up, siamo certi che riducano il rischio di recidiva del 30% circa e aumentino la sopravvivenza in maniera significativa. Inoltre, il 24% dei nuovi casi di tumore (quasi 100.000 casi /anno) si verifica nei pazienti già in follow up oncologico. Le recidive di malattia, dopo i primi due anni, sono rare, ma il rischio persiste fino a 10 anni (o fino a 15-20 nei tumori al seno) e sono più frequenti negli anziani. Il periodo medio di comparsa di un secondo tumore dalla prima diagnosi è di 9-10 anni, ma persiste per tutta la vita. Occorre diffondere la consapevolezza che i secondi tumori sono oggi la principale causa di decesso durante il follow up oncologico, dopo le malattie cardiovascolari e le infezioni, e che – conclude – grazie ai percorsi di trattamenti integrati è possibile fare molto per prevenirli”.

 

 

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