Seguire un programma di esercizio fisico strutturato, dopo la chemioterapia adiuvante, aiuta a ridurre significativamente il rischio di recidiva e aumenta la sopravvivenza nei pazienti affetti da carcinoma del colon di stadio II e III e ad alto rischio. Lo dimostra lo studio internazionale CHALLENGE, presentato all’edizione 2025 del congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) e pubblicato contestualmente sul New England Journal of Medicine. L’attività fisica, come parte integrante della cura oncologica, è da tempo oggetto di interesse scientifico. Numerosi studi osservazionali e preclinici, infatti, hanno già suggerito un possibile effetto protettivo dell’esercizio contro la progressione della malattia oncologica. Tuttavia, mancavano prove definitive, basate su studi randomizzati controllati: è proprio questo il vuoto colmato dallo studio CHALLENGE.
Il trial, condotto tra il 2009 e il 2024 in 55 centri distribuiti in sei Paesi, ha coinvolto 889 pazienti con carcinoma del colon, sottoposti a resecazione. Tutti i pazienti arruolati erano stati già sottoposti a chemioterapia adiuvante. I partecipanti sono stati suddivisi, in modo casuale, in due percorsi: un gruppo ha seguito un programma strutturato di esercizio fisico, supervisionato e continuativo per tre anni, mentre l’altro ha ricevuto esclusivamente materiale informativo per promuovere stili di vita sani. L’obiettivo primario era valutare la sopravvivenza libera da malattia, cioè il tempo trascorso senza recidiva, nuovo tumore o decesso.
I risultati, osservati dopo un follow-up mediano di quasi otto anni, sono stati significativi: i pazienti inseriti nel programma di attività fisica hanno mostrato una sopravvivenza libera da malattia più lunga rispetto agli altri. In particolare, la sopravvivenza libera da malattia a cinque anni è risultata pari all’80,3% nel gruppo attivo, contro il 73,9% nel gruppo di controllo, con una riduzione del rischio del 28%. La sopravvivenza globale, a otto anni, è stata del 90,3% tra i pazienti che hanno praticato esercizio fisico e dell’83,2% tra quelli che non lo hanno fatto, con un rischio di morte più basso del 37% per chi aveva seguito il programma attivo.
I dati, oltre a essere statisticamente significativi, sono clinicamente rilevanti. Lo evidenzia anche Christopher Booth, autore principale dello studio e oncologo presso la Queen’s University di Kingston, in Canada, sottolineando come questo sia “il primo studio randomizzato di fase 3 in grado di dimostrare con rigore scientifico che l’esercizio fisico post-trattamento è non solo praticabile, ma anche efficace nel migliorare gli esiti oncologici”. Non sono mancate, tuttavia, alcune reazioni avverse. Gli eventi muscoloscheletrici si sono verificati con maggiore frequenza tra i pazienti del gruppo attivo (18,5%) rispetto a quelli del gruppo di controllo (11,5%). Si tratta però di un effetto collaterale considerato contenuto, in rapporto ai benefici ottenuti.
I ricercatori stanno ora indagando i meccanismi biologici alla base di questi risultati, attraverso l’analisi dei campioni ematici raccolti dai pazienti nel corso dello studio. L’obiettivo è comprendere come l’attività fisica possa incidere sulla biologia tumorale e sulla modulazione del sistema immunitario. Secondo gli autori dello studio, i risultati ottenuti dovrebbero spingere i sistemi sanitari a includere formalmente programmi strutturati di attività fisica tra gli standard di cura nei pazienti con carcinoma del colon.
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