È l’incubo di molti studenti e, contemporaneamente, la passione di molti altri: è la matematica, una delle materie scolastiche più odiate ed anche amate. Ora, grazie all’intuizione di alcuni ricercatori dell’Università del Surrey tutti gli studenti potrebbero arrivare a nutrire la stessa passione per i calcoli, senza percepire quell’amara sensazione di “non essere portati” per la matematica. Come? Costruendo le proprie abilità, letteralmente, un mattoncino alla volta. Secondo un studio inglese appena pubblicato sulla rivista Mind, Brain and Education, le attività basate sulla costruzione con blocchi, come i celebri mattoncini che tutti imparano ad usare fin da piccolissimi, possono potenziare le abilità spaziali e migliorare le prestazioni matematiche nei bambini.
Lo studio ha coinvolto oltre 400 alunni tra i sei e i sette anni in diverse scuole primarie del Regno Unito. A guidare la sperimentazione è stata Emily Farran, docente di psicologia dello sviluppo all’Università del Surrey, che insieme al suo team ha messo a punto il programma SPACE, acronimo di Spatial Cognition to Enhance mathematical learning. L’idea di fondo è semplice quanto rivoluzionaria: se è vero che il pensiero spaziale e la matematica condividono molte strutture cognitive, perché non usare le attività spaziali come leva per migliorare l’apprendimento numerico?
Per sei settimane, gli insegnanti, appositamente formati per la sperimentazione, hanno proposto ai bambini esercizi in cui costruire, ruotare mentalmente e manipolare blocchi colorati. Non un gioco fine a sé stesso, ma un modo per stimolare la visualizzazione tridimensionale, la percezione delle proporzioni e il ragionamento logico. L’approccio ha prodotto risultati sorprendenti: al termine del percorso, i bambini hanno mostrato miglioramenti significativi non solo nella capacità di orientarsi nello spazio, ma anche nei test di matematica. Un progresso che, secondo i ricercatori, va ben oltre l’effetto-gioco: è l’effetto di una didattica mirata, inclusiva e concreta.
“Sappiamo da tempo che il ragionamento spaziale è strettamente legato alla matematica – spiega Farran -. Ma raramente questo viene tradotto in attività pratiche all’interno della scuola. Il nostro lavoro dimostra che è possibile, e che i benefici sono tangibili”. Un punto sottolineato anche da Camilla Gilmore, docente all’Università di Loughborough e coautrice dello studio, secondo cui “le attività spaziali semplici possono avere un forte impatto sull’apprendimento e sul piacere di fare matematica, anche nei bambini che partono da livelli più bassi”.
Non è solo una questione di risultati scolastici, ma di opportunità. Un approccio come quello proposto nel programma SPACE è infatti particolarmente utile per i bambini con difficoltà cognitive, per quelli che imparano meglio attraverso il fare e per chi ha bisogno di modalità alternative per comprendere concetti astratti. Introducendo attività di costruzione e pensiero spaziale nel curriculum scolastico, si abbattono barriere e si offre a tutti gli studenti la possibilità di sviluppare competenze fondamentali per il futuro. Competenze, tra l’altro, sempre più richieste nel mondo in rapido cambiamento in cui viviamo. “Preparare i bambini a usare il pensiero critico, a risolvere problemi e a comprendere i dati sarà sempre più importante, soprattutto nell’era dell’intelligenza artificiale”, conclude Farran.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato