L’Egoi-Pcos sta lavorando per ridefinire la Sindrome, differenziandola sia dalla manifestazione multifollicolare dell’ovaio che si presenta spesso nelle adolescenti e che di solito evolve fisiologicamente con l’età, che dalla forma multifollicolare non iperandrogenetica.
Il Colosseo illuminato di verde acquamarina ha inaugurato, lo scorso primo settembre – Giornata Internazionale della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) -, il mese dedicato a questa stessa patologia che colpisce dal 5 al 18% delle donne in età fertile. Ora, a continuare le celebrazioni sono gli esperti della società scientifica internazionale Egoi-Pcos, presieduta dal professor Vittorio Unfer, docente di Ginecologia e Ostetricia presso l’Università UniCamillus di Roma, a lavoro per ridefinire e riclassificare la Pcos come una Sindrome Endocrina Metabolica.
“Tale riclassificazione – spiega il professor Unfer, in un’intervista a Sanità Informazione – permetterebbe di differenziarla sia dalla manifestazione multifollicolare dell’ovaio, che si presenta spesso nelle adolescenti e che di solito evolve fisiologicamente con l’età, che dalla forma multifollicolare non iperandrogenetica. Questa nuova classificazione, che rappresenta un superamento della mai obsoleta classificazione Eshre – continua il ginecologo – non deve essere vista solo come uno strumento didattico, ma come la base per sviluppare un percorso terapeutico personalizzato per le pazienti, che comprenda modifiche nello stile di vita e nelle abitudini alimentari, e favorisca la scelta di terapie adeguate, siano esse farmacologiche o non farmacologiche”.
Un punto di attenzione per l’Egoi-Pcos è l’uso della pillola contraccettiva, trattamento ritenuto erroneamente come gold standard della patologia ma che, parlando di sindrome endocrina-metabolica, si può facilmente comprendere come può causare effetti indesiderati significativi come alterazione del peso corporeo e disturbi cardiovascolari, a cui queste pazienti sono già predisposte. “Inoltre, considerando che l’insulino-resistenza è spesso alla base della Pcos, l’uso di insulino-sensibilizzanti, come il myo-inositolo, è considerato particolarmente utile – sottolinea il professore Unfer -. Per le donne sovrappeso e/o obese, l’associazione di myo-inositolo e D-chiro-inositolo nel rapporto fisiologico 40:1 è preferibile, mentre il D-chiro-inositolo da solo può aumentare i livelli di ormoni maschili, aggravando i sintomi androgenici”.
L’eziologia di questa patologia appare, dunque, tutt’oggi controversa. L’ovaio policistico è espressione di una complessa alterazione funzionale del sistema riproduttivo data dall’aumento degli ormoni maschili (androgeni), causa di segni e sintomi quali: irsutismo (eccesso di peluria su viso e corpo), alopecia androgenetica (acne e calvizie di tipo maschile) e disturbi mestruali (mestruazioni irregolari, assenza di mestruazioni per più mesi, cicli scarsi o prolungati). “La speranza è che ci si diriga verso un nuovo capitolo della storia della policistosi ovarica, in cui s’ impari a fare una diagnosi chiara della patologia, cui deve seguire una terapia pensata e consigliata in base alla tipologia di paziente a cui viene fornita, perché non tutte le PCOS sono uguali. È fondamentale che la consapevolezza osulla sindrome dell’Ovaio policistico compia un ulteriore passo avanti. I medici sono chiamati a guidare la lotta contro questa patologia con un approccio multidisciplinare e innovativo”, conclude il docente.
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