Contributi e Opinioni 15 Ottobre 2021 15:33

Polizze assicurative, occhio alle clausole ambigue

di Riccardo Cantini, intermediario assicurativo (Iscrizione RUI di IVASS: E000570258)
di Riccardo Cantini, intermediario assicurativo (Iscrizione RUI di IVASS: E000570258)
Polizze assicurative, occhio alle clausole ambigue

Un caso da manuale: il cane che reca danno a terzi. Nel caso specifico, riportato nella sentenza della Cassazione Civile  n. 25849 del 23/09/2021, una signora viene urtata e fatta cadere da un cane liberatosi dal guinzaglio. La persona danneggiata procede con una richiesta di risarcimento verso il proprietario del cane. Costui attiva, ovviamente, la propria polizza RC capofamiglia. Ma c’è un però: il terzo danneggiato, in questo caso, è la madre del proprietario del cane. Tale fatto porta la compagnia di assicurazioni a non risarcire la vittima, a causa del fatto che il danno ai genitori è da considerarsi escluso dalla copertura.

La citazione in giudizio

Insoddisfatti entrambi – madre e figlio – dal comportamento della compagnia, la signora procede citando in giudizio il congiunto, con ciò provando a superare l’eccezione presentata dall’assicuratore. La sentenza di primo grado dà ragione alla danneggiata, in quanto uno specifico articolo delle condizioni di polizza escluderebbe solo il caso dei genitori conviventi. E i protagonisti della vicenda, di fatto, non lo sono. Il testo dell’articolo riporta espressamente coloro che non son considerati terzi, ossia: “[…] il coniuge, i genitori, i figli […], gli altri parenti ed affini con loro conviventi, nonché gli addetti ai servizi domestici“. Lo stesso articolo viene però letto in appello in maniera diametralmente opposta, ossia che i genitori in quanto tali sarebbero esclusi dalla copertura, a prescindere dall’abitare assieme ai figli o meno, portando i giudici di merito a rifiutare la richiesta risarcitoria.

Il ricorso in Cassazione

L’argomento portato dalla ricorrente in Cassazione fonda la contestazione della sentenza d’Appello principalmente alla luce dei seguenti articoli del Codice Civile:

  • Art. 1362: nell’interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto;
  • Art. 1363: le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto;
  • Art. 1370: le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti s’interpretano, nel dubbio, a favore dell’altro.

La Corte di appello – secondo quanto sostenuto dalla ricorrente – si sarebbe limitata ad una lettura superficiale delle condizioni di polizza, non considerando il fatto che, in caso di dubbio interpretativo su clausole ambigue o polisenso, si sarebbe dovuto procedere non favorendo il contraente estensore delle stesse. Nel caso specifico l’esclusione riguarderebbe pertanto tutti i parenti, purché conviventi. Quindi se il danno è recato a genitori non conviventi esso dev’esser risarcito.

Il problema delle clausole ambigue

Ciò che emerge, da quanto riporta la sentenza di Cassazione, è che il punto dirimente sta tutto nel come si legge una clausola palesemente ambigua. Una interpretazione letterale e non rispettosa della ratio sottesa alla clausola – ossia voler escludere la copertura quando il rischio di danno è maggiore, come nel caso della convivenza – ha portato i giudici di secondo grado a pronunciarsi in modo difforme da quanto emerso in primo grado di giudizio. È la collocazione del termine “conviventi” che, posto dopo altri parenti ed affini, ha indotto in appello la conclusione che esso si riferisse soltanto a questa categoria di soggetti, e non anche ai genitori.

La sentenza

La decisione della Cassazione Civile è quella di ritenere i motivi di ricorso fondati. A tal proposito viene ribadito un principio, spesso poco conosciuto al mondo degli assicurati ma di importanza capitale per tutelare le proprie ragioni, per cui “[…] nell’interpretazione del contratto di assicurazione, che va redatto in modo chiaro e comprensibile, il giudice non può attribuire a clausole polisenso uno specifico significato, pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all’ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dagli artt. 1362 c.c. e ss., e, in particolare, a quello dell’interpretazione contro il predisponente, di cui all’art. 1370 c.c.”.

Conclusione

In altri termini, ciò che emerge limpidamente da questa sentenza, è l’osservazione, banale ma fondamentale, che il testo delle condizioni di polizza, nonché di tutte le clausole standard – attivabili o meno, a discrezione del contraente/assicurato – viene notoriamente predisposto da un solo contraente (ovvero l’assicuratore). Pertanto, secondo l’Art.1370 del Codice Civile, l’eventuale poca chiarezza deve rimanere a carico del predisponente. Con ciò viene tutelato l’affidamento dell’altro rispetto al significato che si poteva legittimamente attendere dalla sua redazione. In sintesi, osserviamo che – nella scelta delle proprie coperture assicurative – è sempre bene affidarsi a intermediari qualificati, come SanitAssicura, in grado di chiarire bene le eventuali ambiguità e sciogliere tutti i dubbi che possiamo avere.

 

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