Seppur non sempre rumorose, le zoonosi, ovvero quelle malattie trasmissibili dagli animali all’uomo, sono pericolose e in costante aumento. Lo ricorda la Woah (Organizzazione mondiale per la salute animale) che nel suo primo Global Animal Health Report lancia un allarme chiaro: “Le zoonosi stanno aumentando, colpendo nuove aree e nuove specie, mentre la sorveglianza sembra faticare a stare al passo”. Il principale rischio è rappresentato dall’influenza aviaria.
Nel dettaglio, il numero segnalato di focolai nei mammiferi è salito nel 2024 a quota 1.022 in 55 Paesi diversi, rispetto ai 459 focolai del 2023. Sebbene il rischio di infezione umana rimanga basso, sottolineano gli autori, “maggiore è il numero di specie di mammiferi come bovini, gatti o cani infettati, maggiore è la possibilità che il virus si adatti alla trasmissione da mammifero a mammifero, e potenzialmente all’uomo. Il rischio di infezione umana resta basso – tranquillizzano – ma la soglia di attenzione deve restare altissima”, avvertono.
Il Report, unico nel suo genere, restituisce per la prima volta una mappa completa delle malattie animali a livello globale, dalle tendenze emergenti fino all’uso di antibiotici negli allevamenti. E si tratta di una fotografia che allarma: il 47% delle patologie registrate tra il 2005 e il 2023 ha un potenziale zoonotico. Influenza aviaria, peste dei piccoli ruminanti, peste suina africana: tutti questi virus oggi si ‘muovono’ con più facilità, viaggiano più lontano, attraversano confini e oceani. Diffusione, prevalenza e impatto delle malattie infettive animali “stanno cambiando – osserva Emmanuelle Soubeyran, direttrice generale della Woah – portando con sé nuove sfide per l’agricoltura e la sicurezza alimentare, la salute e lo sviluppo umano e gli ecosistemi naturali”.
L’influenza aviaria ad alta patogenicità (Hpai), che ha causato l’abbattimento o la perdita di oltre 630 milioni di volatili negli ultimi due decenni, è stata una delle numerose malattie animali che hanno colpito nuove aree lo scorso anno. La peste dei piccoli ruminanti (Ppr), che tradizionalmente ha colpito pecore e capre nei Paesi in via di sviluppo, è riemersa in Europa, mentre la peste suina africana (Psa) ha raggiunto lo Sri Lanka, percorrendo oltre 1.800 km dai focolai più vicini, secondo quanto rilevato dal rapporto. Il 47% delle malattie elencate dalla Woah e notificate tra il 2005 e il 2023 sono state considerate una minaccia per la salute umana con potenziale zoonotico, di infezione da animale a uomo.
Clima e globalizzazione sono due delle chiavi che spiegano questo spostamento. Il cambiamento climatico modifica gli habitat, costringe animali selvatici e d’allevamento a interagire più spesso. Il commercio internazionale accelera i contatti e riduce i tempi di contenimento. Il risultato è un rischio costante per la sicurezza alimentare, l’economia agricola e la salute umana.
Eppure, le soluzioni esistono. Si chiamano biosicurezza, sorveglianza, vaccinazione. Ma spesso restano sulla carta. “Il vaccino è uno degli strumenti più potenti per la prevenzione, eppure l’accesso non è equo nel mondo”, denuncia la direttrice generale della Woah, Emmanuelle Soubeyran. Anche dove i vaccini ci sono, come per la rabbia, i progressi sono rallentati: negli ultimi anni l’implementazione di misure di controllo è scesa dal 85% al 62% dei Paesi. Un esempio virtuoso arriva dalla Francia, che nel 2023 è stato il primo Paese europeo a vaccinare in modo sistematico le anatre contro l’influenza aviaria, riducendo drasticamente i focolai previsti: da 700 a 10. Ma la Francia resta un’eccezione. “Servono investimenti nei servizi veterinari, una cooperazione internazionale più stretta e sistemi di diagnosi più avanzati”, sottolinea ancora il report.
A preoccupare è anche l’uso eccessivo di antimicrobici negli animali. Il calo globale è del 5% tra il 2020 e il 2022, con l’Europa in testa (-23%), ma ancora un Paese su cinque li utilizza come promotori della crescita, una pratica apertamente scoraggiata. Il rischio è che l’antibiotico-resistenza – che già uccide 1,3 milioni di persone l’anno – diventi ingovernabile. “Entro il 2050, la resistenza antimicrobica potrebbe causare perdite economiche pari a 100 trilioni di dollari e compromettere la sicurezza alimentare di 2 miliardi di persone”, avverte Javier Yugueros-Marcos, a capo del Dipartimento Woah per la resistenza antimicrobica.
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