Voci della Sanità 21 Ottobre 2021 17:05

L’allarme di Confindustria Dispositivi Medici: apparecchiature di diagnostica vetuste, rinnovare parco tecnologico

In base a uno studio dell’Osservatorio parco installato sono 18mila le apparecchiature di diagnostica per immagini obsolete, come risonanze magnetiche, Pet, Tac, angiografi e mammografi. Il presidente Boggetti: «Payback penalizza industria, così rischiamo di dover importare la gran parte dei dispositivi per gli ospedali»

In Italia le apparecchiature tecnologiche di diagnostica per la sanità sono vetuste. Secondo gli ultimi dati presentati dall’Osservatorio parco installato (Opi) di Confindustria Dispositivi Medici e pubblicati dall’agenzia Dire sono 18mila le apparecchiature di diagnostica per immagini obsolete, come risonanze magnetiche, Pet, Tac, angiografi e mammografi. Il 71% dei mammografi convenzionali ha superato i 10 anni di età, il 69% delle Pet ha almeno 5 anni e il 54% delle risonanze magnetiche chiuse 1,0 T ha oltre 10 anni.

Secondo Confindustria, nel corso degli anni il parco installato ha certamente risentito di una serie di fattori. Tra questi, i pochi investimenti e finanziamenti dedicati alla sanità, l’assenza di innovazione nell’ambito delle generali politiche pubbliche di acquisto, oltre all’aver consentito livelli e logiche di rimborso delle prestazioni, sia ospedaliere che specialistiche, che non hanno incentivato l’ammodernamento tecnologico.

Un segnale positivo si intravede tra gli ecografi portatili, nell’82% dei casi acquistati meno di 5 anni fa, così come il 78% dei sistemi mobili digitali ad arco per chirurgia e l’81% delle unità mobili radiografiche digitali. L’ultima indagine si concentra sulle tecnologie diagnostiche per immagini e, in particolare, sulle apparecchiature mammografiche, le apparecchiature di risonanza magnetica nucleare (Rmn), le Pet e quelle di tomografia assiale computerizzata (TC), documentandone l’età media e stabilendone il periodo di adeguatezza tecnologica.

Per quanto riguarda la sua età media, il parco tecnologico italiano è in una situazione che non permette di offrire, da parte del già provato sistema sanitario, servizi di diagnostica e prevenzione troppo adeguati ai bisogni dei cittadini. I dati restituiscono infatti una fotografia ancora preoccupante: l’età media dei mammografi di tipo convenzionale è pari a 13,4 anni, a fronte di un periodo di adeguatezza tecnologica di 6. In linea, invece, i mammografi digitali, che hanno un’età media pari a 4,9 anni, a fronte di un periodo di adeguatezza tecnologica di 5 anni.

L’Osservatorio ha diviso il Paese in tre macro aree: del Nord fanno parte Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria ed Emilia-Romagna (a Mirandola, in provincia di Modena, si trova il più grande polo biomedicale d’Europa). Nel Centro, dove la quasi totalità delle imprese si registra in Lazio e Toscana, trovano spazio anche Umbria e Marche. Nel Sud e isole, macro area caratterizzata da una minore presenza di tessuto industriale, eccezion fatta per Campania, Puglia e Sicilia, dove si registra una discreta presenza di imprese del settore, vi sono poi Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria e Sardegna. Al Nord il 69% dei mammografi convenzionali ha più di 10 anni e il 59% dei dispositivi per eseguire la risonanza magnetica nucleare chiusa a 3,0 T ha meno di cinque anni. Al Centro sale al 72% la percentuale dei mammografi convenzionali con più di 10 anni, mentre il 52% delle Tac > 64 slices ha un’età inferiore ai cinque anni. Infine, nel bacino del Sud e isole si registrano un 73% di mammografi convenzionali con più di 10 anni e un 58% di mammografi digitali con meno di cinque anni.

«Quello dell’aggiornamento del parco tecnologico è esattamente una delle grandi opportunità che il nostro paese ha per mettere a sistema una grossa campagna di rinnovamento tecnologico del parco ospedaliero, magari se fatto con intelligenza anche aiutando le nostre industrie a espandersi, immaginando di riportare la produzione di queste tecnologie sul nostro territorio e nel frattempo in cui si comprano, se queste tecnologie venissero prodotte in Italia anche aiutando indotto, occupazione e Pil italiano» ha affermato Massimiliano Boggetti, Presidente di Confindustria Dispositivi Medici che ha poi criticato lo strumento del payback: «È chiaro che se noi creiamo un ambiente che per anni è stato ostile all’innovazione tecnologica, perché si è principalmente comprato al prezzo, un paese dove gli investimenti in sanità sono andati in recessione negli ultimi anni perché ci si è indirizzati più verso un contenimento della spesa che non verso un investimento tecnologico, e contemporaneamente si continua a tassare l’industria attraverso meccanismi anche molto particolari come quello del Payback, è evidente che l’industria tenderà a non arrivare nel nostro paese e saremo dunque costretti ad importare tutte quelle tecnologie di cui i nostri ospedali hanno bisogno».

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