Mangiare abitualmente frutta, verdura e cereali integrali non basta a proteggersi dall’invecchiamento precoce se poi, parallelamente, si consumano anche alimenti ultra-processati. In tal caso, il rischio di “invecchiare prima del tempo” non è affatto scongiurato. A mettere in guardia è uno studio italiano pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition, firmato dai ricercatori dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli in collaborazione con l’Università Lum di Casamassima.
A guidare l’indagine è Simona Esposito, prima autrice e vincitrice del premio “Gianni Barba” per la migliore ricerca scientifica under 35 nel campo della nutrizione. Il team ha analizzato i dati di 25mila adulti partecipanti al progetto Moli-sani, un grande studio epidemiologico che da anni osserva lo stato di salute della popolazione molisana. Il risultato è chiaro: chi consuma più cibi ultra-processati presenta un’età biologica superiore rispetto a quella cronologica, segno di un accelerato declino cellulare. “Il dato più sorprendente – spiega Esposito – è che questo legame si mantiene indipendentemente dalla qualità complessiva della dieta. Anche le persone che seguono regimi apparentemente sani, ma che includono regolarmente alimenti ultra-processati, mostrano un invecchiamento più rapido”.
Ma cosa sono esattamente questi cibi ultra-processati. La lista è lunga: non solo patatine, merendine e bibite gassate, ma anche alimenti che spesso vengono percepiti come innocui o addirittura salutari, come pane confezionato, cereali da colazione, zuppe pronte, piatti surgelati, yogurt aromatizzati. Tutti prodotti che, nel processo industriale, subiscono una profonda alterazione della struttura originaria, con l’aggiunta di additivi, aromi artificiali, conservanti e zuccheri nascosti. Una miscela che può favorire infiammazione cronica, squilibri del microbiota intestinale e alterazioni nei meccanismi di riparazione cellulare.
A complicare ulteriormente la situazione c’è un altro elemento non sempre valutato con la giusta attenzione: il packaging. Tanti alimenti ultra-processati, infatti, sono venduti in confezioni di plastica o materiali multistrato, che possono rilasciare sostanze chimiche nocive, come ftalati e bisfenoli, sostanze che, notoriamente, interferiscono con il sistema endocrino e il metabolismo. “La nostra alimentazione – conclude Esposito – non è solo una questione di calorie o nutrienti: è un vero e proprio strumento di prevenzione o, al contrario, un fattore di rischio. Le scelte quotidiane a tavola possono modellare il nostro invecchiamento, influenzando non solo quanto vivremo, ma come vivremo”.
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