In Italia i narcolettici di tipo 1 diagnosticati sono 2mila, ma si stima che a convivere con questa patologia rara gravemente invalidante siano fino a 6mila persone. L’aspecificità di alcuni dei sintomi, comuni ad altre patologie, contribuisce a causare un ritardo diagnostico, con forte impatto sulla qualità di vita dei pazienti. Cataplessia, sonnolenza diurna, disturbi del sonno notturno, allucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche e paralisi del sonno determinano infatti difficoltà nel condurre una vita normale, a cui si associano anche irritabilità, ansia, tensione e nervosismo. Punto di riferimento per i pazienti è il Centro per la Narcolessia di Bologna. Gli specialisti del centro di Bologna, assieme ad altri specialisti italiani, sono oggi membri della neonata APS NAIT, Gruppo Narcolessia Italiano.
“La narcolessia di tipo 1 è una malattia che, nell’individuo affetto, impatta sulle 24 ore, rende molto difficile il funzionamento e impedisce la conduzione di una vita sana e produttiva – spiega Giuseppe Plazzi, neurologo, coordinatore del Centro per la Narcolessia e dei Disturbi del Sonno dell’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna dell’Ospedale Bellaria e Professore di Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza dell’Università di Modena e Reggio Emilia –. Trattandosi di malattia rara, per i pazienti la ricerca è fondamentale. Il Centro di Bologna è un’eccellenza italiana per questa patologia, sia per numero di pazienti che per produzione scientifica: siamo uno dei centri che negli ultimi dieci anni ha contribuito maggiormente nella ricerca sulla narcolessia sia nei bambini che negli adulti. Seguiamo più di 1000 pazienti con narcolessia, oltre il 70% proviene da fuori dell’Emilia Romagna. Abbiamo all’attivo collaborazioni decennali con il centro di Standford, riferimento internazionale per questa malattia, ma anche con il centro di Montpellier, coordinatore della rete di riferimento francese. Lavoriamo a fianco dell’Associazione Pazienti Narcolettici e Ipersonni e facciamo parte della European Narcolepsy Network. Ci occupiamo anche di formazione in collaborazione con diversi master universitari italiani sulla medicina del sonno. Uno degli ultimi obiettivi ambiziosi raggiunti è la realizzazione del primo studio italiano sulla telemedicina in narcolessia, grazie al quale abbiamo potuto dimostrare le grandi potenzialità che questa modalità di intervento potrebbe avere sia nella fase di screening che di follow-up, grazie a una rete di specialisti composta da neurologi, endocrinologi e psicologi. In sinergia con l’Istituto Superiore di Sanità abbiamo redatto il Registro Nazionale Narcolessia, al quale ha contribuito anche l’associazione pazienti. Abbiamo all’attivo molti studi sull’impatto psicosociale della malattia, sull’apprendimento e la scolarizzazione”.
La rivoluzione nel trattamento della malattia per questi pazienti è ora più che una speranza. Il New England Journal of Medicine ha recentemente pubblicato i risultati dello studio di fase 2b di TAK-861-2001 su pazienti con Narcolessia di tipo 1 trattati con oveporexton, una molecola in grado di agire su gran parte dei sintomi. “Oveporexton è un agonista sintetico del recettore 2 dell’orexina, ha quindi l’obiettivo di sostituire la carenza di orexina che causa questa patologia – dichiara Plazzi –. I dati a supporto dello studio di fase 2b hanno dimostrato miglioramenti clinicamente significativi su tutto lo spettro dei sintomi che colpiscono i pazienti, sulle misure oggettive e soggettive dell’eccessiva sonnolenza diurna (EDS), sulla riduzione degli episodi di cataplessia, sulla gravità della malattia e sulla qualità della vita a tutti i dosaggi testati rispetto al placebo, durante le otto settimane di trattamento. I dati hanno dimostrato miglioramenti statisticamente significativi nei primary e secondary endpoint: la maggior parte dei partecipanti al trial ha raggiunto valori normali al test di mantenimento della vigilanza (MWT) e miglioramenti clinicamente rilevanti nell’ampia gamma dei sintomi studiati. Oveporexton, infine, si è rivelato sicuro e ben tollerato e i risultati della Fase 3 in corso sono previsti prima della fine del 2025. Per le persone che convivono con la Narcolessia di tipo 1, andare al lavoro o a scuola e gestire le attività quotidiane come guidare, fare esercizio fisico o socializzare rappresenta una sfida ardua. I risultati di fase 2b suggeriscono che ripristinare il segnale dell’orexina può aiutare i pazienti a raggiungere livelli di veglia normali, come quelli osservati in individui sani, influenzando positivamente anche l’ampio spettro sintomatologico della malattia.”
Il Centro Narcolessia di Bologna ha partecipato allo studio TAK-861-2001 arruolando il maggior numero di casi. Un lavoro intenso, sostenuto anche dalla neonata associazione: “A novembre 2024 abbiamo fondato APS NAIT, Gruppo Narcolessia Italiano – aggiunge Plazzi –. Attraverso questa rete di centri di riferimento che copre l’intero territorio nazionale vogliamo offrire un’opportunità di miglioramento della gestione clinica e della ricerca sulla narcolessia in Italia, favorendo anche la collaborazione tra i vari centri specializzati. Ci occuperemo dell’organizzazione scientifica di congressi, eventi e webinar, della creazione di un database per la raccolta dei dati scientifici sui pazienti affetti da narcolessia e dell’organizzazione di eventi con associazioni pazienti. È un progetto ambizioso che sta prendendo forma e che siamo felici di promuovere”.
“La narcolessia di tipo 1 impatta in modo importante sulla vita dei pazienti, sia quando si presenta da giovani, con aumento di peso, la tipica ‘faccia cataplettica’ e disturbi del sonno che si riflettono sull’attenzione diurna, sia quando si manifesta più in là con gli anni, con cataplessia, paralisi del sonno, allucinazioni, disturbi del sonno notturno e sonnolenza diurna, potenziale causa di incidenti alla guida, domestici o sul lavoro – conclude Massimo Zenti, Presidente Associazione Italiana Narcolettici e Ipersonni –. Per esempio, la cataplessia è un sintomo davvero invalidante: si presenta con cedimenti muscolari che possono partire dal volto per poi coinvolgere gli arti superiori e inferiori e portare la persona ad accasciarsi a terra. Il narcolettico è cosciente di quel che gli sta accadendo, ma non può reagire perché si trova in completa atonia. Anche provare emozioni diventa problematico: la risata, l’eccitazione per un film, un’attività gradita, una bella notizia o la rabbia possono causare episodi di cataplessia come risposta, con conseguente forte stanchezza e ulteriore peggioramento del sonno. Questo nuovo farmaco è una vera rivoluzione per i pazienti, è in grado di controllare quasi tutti i sintomi e ha già permesso a molte persone che hanno partecipato al trial di riprendere in mano la propria vita. Con l’assunzione di questa terapia è possibile arrivare a sera senza manifestare sintomi e senza l’effetto collaterale di annebbiamento. I pazienti sono tutti entusiasti. Oggi la vita di molti di loro può cambiare.”
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