Salute 22 Febbraio 2023 12:29

Morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa, preoccupa l’impennata di diagnosi: «Le possibili cause»

A Sanità Informazione il professor Francesco Selvaggi, che dirige uno dei centri di eccellenza regionali e nazionali di queste patologie. Per i pazienti sono a disposizione sempre più opzioni terapeutiche risolutive, tra cui farmaci biologici e chirurgia mini-invasiva
Morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa, preoccupa l’impennata di diagnosi: «Le possibili cause»

Una cattiva alimentazione, l’inquinamento, ma anche fattori di predisposizione genetica. Sono gli ingredienti principali di un mix che sempre più spesso porta all’insorgenza del morbo di Crohn o alla rettocolite ulcerosa, malattie infiammatorie dell’intestino. Fortunatamente, però, per la cura di queste patologie sono a disposizione terapie farmacologiche e tecniche chirurgiche all’avanguardia, che consentono ai pazienti di poter condurre una vita normale pur con le necessarie cautele del caso. Il reparto di Chirurgia colorettale del Policlinico universitario “Luigi Vanvitelli” della Campania, diretto dal professor Francesco Selvaggi, è uno dei centri di eccellenza regionali e nazionali per la chirurgia mini-invasiva (chirurgia laparoscopica) di queste patologie, con ben 120 interventi realizzati nel solo 2022. Una chirurgia che ha una lunga tradizione ed è supportata da studi scientifici che ne dimostrano la fattibilità tecnica e l’equivalenza con la chirurgia aperta. Sanità Informazione ha intervistato sul tema proprio il professor Selvaggi.

Aumentano le diagnosi (ma anche le opzioni terapeutiche)

«Ormai, le diagnosi di queste patologie hanno frequenza prima impensabile – rivela Selvaggi. – Si tratta di patologie tipiche del mondo occidentale, legate sicuramente allo stile di vita, tant’è vero che, ad esempio, nel continente africano l’incidenza è bassissima. In diversi casi il trattamento con anticorpi monoclonali porta a risultati duraturi. La sinergia tra gastroenterologia e chirurgia ha portato a grandi passi avanti nel trattamento di queste patologie, grazie all’impiego di farmaci biologici sempre più potenti, che consentono in molti casi un controllo efficace della malattia anche per molti anni. Tuttavia – prosegue il professore – se la risposta farmacologica è insufficiente diventa necessario intervenire chirurgicamente. La chirurgia mininvasiva comporta enormi vantaggi soprattutto in termini di ripresa più rapida e di impatto migliore sull’estetica e sulla qualità della vita, ma anche nella chirurgia ad addome aperto ci sono stati degli enormi progressi».

La chirurgia mininvasiva e i suoi vantaggi

«Oggi il 15-30% dei pazienti con colite ulcerosa viene sottoposto ad intervento chirurgico nel caso di urgenze, insufficiente risposta alla terapia medica, effetti collaterali o insorgenza di un tumore. Questa indicazione – spiega Selvaggi – pur comportando la rimozione del colon, è risolutiva della malattia ed è possibile effettuarla con un solo intervento o in più fasi, a seconda delle condizioni generali del paziente. Studi di comparazione di prestigiose strutture universitarie-ospedaliere negli Stati Uniti dimostrano la fattibilità di questo intervento in chirurgia laparoscopica. E i nostri dati ci portano a confermare pienamente questa possibilità. La tecnica prevede la rimozione del colon-retto e la ricostruzione di un nuovo retto “pouch” (marsupio, ndr) che sostituirà l’organo rimosso. Dopo l’intervento la stragrande maggioranza dei pazienti può condurre una vita normale, perché si tratta di interventi risolutivi, e molti studi hanno dimostrato che la qualità della vita di questi pazienti risulta sovrapponibile a quella dei soggetti che non soffrono di tali patologie. Tra i parametri: la vita quotidiana, il lavoro, la socialità, la sessualità, la possibilità di fare sport e viaggiare. Una tecnica che offre enormi vantaggi, soprattutto nelle donne, visto che limita le aderenze e il rischio di infertilità».

La chirurgia “ibrida” per i casi più complessi

«In una piccola percentuale di pazienti bisognerà ricorrere alla chirurgia aperta – spiega ancora il professore – comunque con ottimi risultati funzionali. La malattia di Crohn invece, nella sua forma classica, può essere affrontata con la chirurgia mini-invasiva. È importante che il paziente abbia bassi indici di massa corporea, giovane età e che si possa procedere con un intervento non particolarmente demolitivo per intervenire con questa tecnica. La bontà della metodica applicata a questi pazienti paragonata alla terapia con biologici è stata oggetto di uno studio importante. Uno studio che mostra i vantaggi di intervenire chirurgicamente in pazienti che rispondono poco e male alla terapia, specie se di giovane età». Nei casi più complessi – conclude il professor Selvaggi – si può intervenire con una chirurgia “ibrida”, cioè in parte laparoscopica e in parte “a cielo aperto”. Anche in questi casi si ottengono incisioni limitate e nascoste e una ripresa più rapida post-operatoria».

 

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