Salute 30 Gennaio 2023 09:14

Long Covid: nata a Milano la prima associazione italiana di pazienti

La presidente Morena Colombi, amministratore della pagina Facebook “Noi che il Covid lo abbiamo sconfitto”, ha deciso di dare vita all’associazione AILC perché venga riconosciuta la patologia e si faccia ricerca
Long Covid: nata a Milano la prima associazione italiana di pazienti

Si chiama AILC (Associazione italiana Long Covid) ed è la prima associazione Long Covid in Italia istituita da  pazienti che hanno incontrato sul loro cammino il virus SARS-CoV-2. A fondarla sono alcuni membri del gruppo Facebook  “Noi che il Covid lo abbiamo sconfitto”  che conta oggi oltre 41mila iscritti.

«Un gruppo social per quanto numeroso è un movimento che fa rumore ma senza avere autorevolezza – spiega Morena Colombi, presidente della neonata associazione italiana Long Covid e già amministratore del gruppo Facebook -. Da due anni avevo maturato la decisione di dare vita ad un’associazione, ma non era facile da non addetta ai lavori. Sono un’operaia, nel febbraio 2020 ho contratto una forma di Covid severa, ed ancora oggi, a distanza di tre anni, sono costretta a convivere con problemi fisici e neurologici».

I tempi sono maturi per un’associazione

Oggi i tempi sono maturi. Dopo aver partecipato lo scorso mese di novembre ad un convegno a Campobasso, Morena ha ricevuto da parte di molti medici che si occupano di Long Covid l’input a fondare l’associazione per dare una dimensione giuridica al gruppo. «Sono stati proprio i medici e i ricercatori a spiegarmi l’importanza di creare un’associazione che potesse diventare la voce ufficiale dei pazienti oggi affetti da Long Covid – racconta –. Un numero destinato a crescere perché molte persone ancora oggi non riconoscono la nuova patologia che ha diverse espressioni e può essere molto debilitante».

Disturbi neurologici e stanchezza

Morena in tre anni ha saputo convogliare sui social le storie di tanti pazienti, dare consigli, suggerimenti e speranza a quanti da nord a sud dell’Italia si sono ammalati. In particolare, ad essere trascurati sono disturbi neurologici e stanchezza. Ora come presidente dell’associazione Long Covid avrà il compito di portare ai tavoli istituzionali le richieste dei pazienti ancora costretti a convivere con disturbi legati al virus Sars-CoV-2 e spesso non diagnosticati. «Spero ci sia una forte adesione – dice Morena – perché i sintomi Long Covid ancora non vengono diagnosticati e i pazienti vivono nell’ombra di una malattia che non è riconosciuta».

Cresce il numero dei giovani affetti da Long Covid

«Negli ultimi mesi è cresciuto il numero dei giovani colpiti da disturbi neurologici  e stanchezza cronica –  segnala la presidente di AILC –. Questo ha generato un incremento di abbandono scolastico, molti non riescono più a proseguire gli studi universitari, a laurearsi o trovare un lavoro». Dopo la firma che ha sancito la nascita dell’associazione, per Morena è tempo di raccogliere le adesioni «Con il vicepresidente e il tesoriere abbiamo stabilito una quota minima. Saranno richiesti da tre a cinque euro, dopodiché inizieremo a programmare degli incontri. Le idee sono tante, i propositi pure. Non vogliamo un risarcimento, ma che se ne parli e si faccia ricerca».

Serve un percorso multidisciplinare

Qualcosa negli anni è stato fatto, ma non basta. «L’Ordine dei medici di Milano mi ha inserito in una commissione – aggiunge la presidente della neonata associazione AILC -, ma mancano i fondi e si fa fatica a mettere in piedi un percorso multidisciplinare per i pazienti Long Covid». Morena lamenta che oggi la visita per il Long Covid nel migliore dei casi prevede un test del cammino, una spirometria e una TAC, mentre la cura è a base di antinfiammatori e integratori.

Manca un protocollo da seguire

«Non ci aspettiamo una risposta definitiva – conclude – perché sappiamo che è difficile la diagnosi e ancor più la terapia, ma almeno vorremmo un riconoscimento da parte soprattutto dei medici di medicina generale, primo interfaccia per noi. Oggi non lo fanno perché manca un protocollo da seguire. Quindi siamo costretti a rivolgerci al privato, ma dopo diversi tentativi ci arrendiamo perché le visite costano e le risorse a disposizione finiscono».

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