Lavoro e Professioni 3 Gennaio 2022 18:43

Riforma medicina generale, Scotti (FIMMG): «Mantenere monte compensi. Vincoli orari non si trasformino in assistenza lacunosa»

Novità su retribuzione e distribuzione oraria tra studio e Case di Comunità. Il Segretario Generale della Federazione italiana dei Medici di Medicina Generale: «Sì alla quota variabile di retribuzione, ma ognuno faccia (bene) la sua parte»
Riforma medicina generale, Scotti (FIMMG): «Mantenere monte compensi. Vincoli orari non si trasformino in assistenza lacunosa»

È stata elaborata nelle scorse ore la proposta, consistente in una bozza di atto di indirizzo elaborata da Regioni e Ministero della Salute, per la stesura della nuova convenzione per la medicina generale. Il documento, che ora sarà sottoposto al vaglio dei sindacati di categoria e dovrà tenere conto delle probabili controproposte, contiene novità importanti per la professione relativamente alla distribuzione dell’impegno orario (38 ore settimanali di cui 20 ore da svolgere negli studi e 18 ore in attività sanitarie promosse dal distretto di cui almeno 6 nelle Case della Comunità), alla retribuzione (70% su base capitaria e 30% sui risultati raggiunti) e all’organizzazione (organizzazioni tra professionisti secondo il modello AFT) fermo restando il vincolo contrattuale di natura convenzionata. Parimenti ben saldo resta il rapporto fiduciario e il criterio della libera scelta. Tuttavia, l’iter di approvazione non sarà breve dal momento che, ad oggi, resta ancora da siglare l’intesa sulla convenzione 2016-2018. Sui principali punti in oggetto per la “nuova” convenzione Sanità Informazione ha ascoltato il parere di Silvestro Scotti, Segretario Generale FIMMG.

La distribuzione dell’impegno orario. «Vincoli stringenti, ma vanno qualificati nell’ottica delle reali esigenze della comunità»

«Il monte ore proposto nella riforma è già abbondantemente svolto, attualmente, dai colleghi di medicina generale – osserva Scotti – perchè ogni medico di famiglia svolge ben più di 38 ore di lavoro settimanali, il punto è come si intende qualificare queste ore e verificarne i contenuti contrattuali. Intanto gli orari, così come suddivisi in base alla proposta, non potranno essere contemporanei. Ciò significa che per i cittadini ci saranno orari in cui il loro medico non sarà disponibile in ambulatorio ma sarà disponibile nella Casa di Comunità. Ora – aggiunge – per il cittadino risiedente vicino alla Casa di Comunità poco cambierà, viceversa per il cittadino risiedente lontano dalla Casa di Comunità significherà che in una determinata giornata il suo medico non sarà facilmente raggiungibile. In secondo luogo, ci sono oggi una serie di attività e di tempi che sono onere del medico di medicina generale, propedeutiche allo svolgimento del lavoro (un esempio, le pratiche di preparazione prima delle visite domiciliari a casi sospetti Covid): come vengono quantificate e qualificate nel monte orario?»

«I vincoli orari non possono minare il rapporto fiduciario»

«Concordiamo pienamente sulla necessità di definire una presenza oraria della medicina generale – prosegue Scotti – utile a una presa in carica ad alta intensità assistenziale e multidisciplinare presso la Casa di Comunità, ma il peso rischia di essere scaricato sui pazienti ambulatoriali. Perché parliamoci chiaro: quando il medico avrà completato le sue ore allo studio, il paziente non troverà più il medico allo studio. Si tratterà – si domanda Scotti – allora di un’attività sostitutiva oppure integrativa? Se l’orario diventa un fattore così legittimante, può diventare altresì un fattore limitante. Si dovrà capire come organizzare queste attività rispetto ai bisogni dei cittadini, alle esigenze di salute e agli obiettivi da raggiungere. Sicuramente – aggiunge – siamo soddisfatti dei punti relativi al mantenimento della libera scelta e del rapporto fiduciario, ma questi orari hanno un senso se la popolazione ci guadagna qualcosa, non viceversa».

I nuovi criteri di retribuzione. «Sulla Medicina Generale non ricada il peso di obiettivi non raggiunti per demeriti altrui».

«La discussione sull’aumento della quota variabile è già in atto da tempo. Chiediamo innanzitutto – afferma Scotti – che venga mantenuto il monte compensi della medicina generale. È chiaro poi che gli obiettivi non possono essere quelli di un’unica categoria in una dinamica liquida come quella del territorio, ma sono allineati a quelli degli altri attori in causa, dagli infermieri di famiglia agli specialisti ambulatoriali, per raggiungere, appunto, dei risultati comuni. Siamo quindi certamente disponibili ad essere pagati sugli obiettivi come da indicatori di salute – sottolinea -, obiettivi che però, ricordiamo, non vengono raggiunti con i soli sforzi della medicina generale ma con tutti i fattori territoriali, di mezzi e risorse umane, messi a disposizione dal Distretto. E se un fattore vacilla – conclude il Segretario FIMMG – non deve essere la medicina generale a farne le spese».

 

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