Grazie ad una semplice analisi del sangue è possibile stimare l’“età biologica” di undici organi, tra cui cervello, cuore, fegato e sistema immunitario, utilizzando la firma proteica presente nel plasma. Le potenzialità del test, che apre la strada ad interventi anticipati e personalizzati per prevenire malattie e rallentare l’invecchiamento, sono illustrate in uno studio della Stanford Medicine, pubblicato su Nature Medicine.
Il team guidato da Tony Wyss‑Coray ha analizzato i dati di quasi 45mila persone, di età compresa tra i 40 e i 70 anni, raccolti nella UK Biobank e monitorati per 17 anni. In ciascun campione sono state misurate circa 3mila proteine legate a specifici organi. Un algoritmo avanzato ha incrociato queste informazioni per calcolare l’età biologica di ogni organo, rispetto all’età anagrafica del soggetto. I risultati sono chiari, ma anche preoccupanti: circa un terzo dei partecipanti presentava almeno un organo la cui età biologica differiva significativamente da quella anagrafica, e questo scostamento era associato a un rischio più elevato di ammalarsi nei dieci anni successivi. L’indagine conferma una semplice verità: alla base delle proteine nel sangue si nasconde un indicatore di salute predittiva.
Tra tutti gli organi, il cervello emerge come il migliore indicatore di salute e sopravvivenza. Chi presentava un cervello biologico “più vecchio” dell’età anagrafica aveva 12 volte più probabilità di sviluppare Alzheimer entro dieci anni e un rischio di mortalità aumentato del 182% nei 15 anni successivi. Al contrario, avere un cervello biologico “più giovane” abbassa la mortalità del 40%.
Questo tipo di test rende misurabile la salute interna prima che compaiano sintomi, anticipando l’insorgenza di malattie. A differenza del DNA, le proteine sono influenzabili da farmaci, integratori e stili di vita sani. Scelte come dormire bene, evitare fumo e alcol, e alimentarsi correttamente si riflettono nell’età biologica degli organi, suggerendo strategie personalizzate di prevenzione. Secondo Wyss‑Coray, “è come far fare un check-up approfondito all’interno del nostro corpo”, consentendo di monitorare gli effetti di interventi sia farmacologici sia comportamentali. Appena disponibili, questi test potrebbero evolvere in strumenti clinici di routine, capaci di guidare decisioni terapeutiche su misura.