Ogni ora, nel mondo, oltre 30 persone muoiono per annegamento. A perdere la vita, troppo spesso, sono bambini: un quarto delle vittime ha meno di cinque anni. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che il 25 luglio promuove la Giornata Mondiale per la Prevenzione dell’Annegamento, si tratta di oltre 300mila decessi l’anno.
La prima causa di così tanti annegamenti? La distrazione degli adulti. Il primo e più comune errore commesso? Pensare che bastino pochi centimetri d’acqua per non correre rischi. Invece, è proprio lì, in una piscina gonfiabile in giardino, in una vasca lasciata incustodita, che si consuma il dramma. Secondo il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, tra il 2017 e il 2021 in Italia si sono registrate 1.642 morti per annegamento. Di queste, 206 riguardavano minori sotto i 19 anni. E in metà dei casi, l’incidente è avvenuto in piscina.
Il nuovo Rapporto globale dell’OMS sulla prevenzione dell’annegamento lancia l’allarme: tra i 5 e i 14 anni, l’annegamento è la terza causa di morte a livello mondiale. Un dato drammatico che pesa soprattutto nei Paesi poveri o rurali, dove mancano regole, presidi, cultura della sicurezza. Ma anche nei contesti più “attrezzati”, come quelli europei, a mancare è spesso la consapevolezza: non bastano i braccioli, serve vigilanza attiva e continua.
“Abbiamo ridotto la mortalità da annegamento del 38% dal 2000 al 2021”, scrive l’OMS. Ma non basta. Finché ci saranno bambini che muoiono in silenzio, mentre gli adulti credono che “non può succedere”, c’è ancora molto da fare. Per questo, il 25 luglio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità lancia una campagna globale con uno slogan potente: “La tua storia può salvare vite”. L’invito è semplice ma efficace: condividere la propria esperienza – anche un evento sfiorato o un salvataggio in extremis – sui social, utilizzando l’hashtag #DrowningPrevention. Perché sapere che è successo può far riflettere chi ancora pensa che “a noi non capiterà”.
Proteggere i bambini dai pericoli dell’acqua non richiede grandi attrezzature, ma attenzione, consapevolezza e formazione. Sorvegliare sempre i più piccoli quando giocano vicino a piscine o specchi d’acqua, non lasciarli mai soli nemmeno per pochi secondi, installare recinzioni di sicurezza intorno alle piscine domestiche, insegnare loro a nuotare sin da piccoli, saper praticare le manovre di rianimazione e imparare a riconoscere i segnali – spesso silenziosi – dell’annegamento: sono tutte azioni che possono davvero fare la differenza. Perché il pericolo non si annuncia con grida o movimenti evidenti. Arriva improvviso, e spesso non dà il tempo di intervenire.
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