La presenza di tessuto cicatriziale nel cuore degli atleti è associata a un rischio maggiore di aritmie cardiache potenzialmente pericolose. Lo evidenzia uno studio, pubblicato sulla rivista Circulation: Cardiovascular Imaging, condotto dagli scienziati dell’Università di Leeds. Il team, guidato dallo scienziato Peter Swoboda, ha valutato la correlazione tra la presenza di tessuto cicatriziale e il rischio di aritmia in 106 ciclisti e triatleti maschi di età superiore ai 50 anni. I ricercatori hanno lavorato nell’ambito del progetto VENTOUX, che prende il nome dal Mont Ventoux, una delle salite più impegnative del Tour de France.
La tachicardia ventricolare, che si manifesta con un ritmo irregolare originato da una camera cardiaca ventricolare, è uno dei tipi più gravi di aritmia e può portare a morte cardiaca improvvisa. L’ispessimento del tessuto muscolare cardiaco, o cicatrizzazione, è stata in passato associata a battiti cardiaci irregolari, anche se l’impatto sulla popolazione altrimenti sana non è stato ancora esaminato. “Fortunatamente – afferma Swoboda – le aritmie cardiache pericolose durante l’attività sportiva sono piuttosto rare. Volevamo capire se le aritmie cardiache pericolose negli atleti di resistenza potessero essere correlate alle cicatrici cardiache”. Nell’ambito dell’indagine, i ricercatori hanno seguito i ciclisti che si erano allenati per almeno dieci ore a settimana per più di 15 anni. I partecipanti sono stati sottoposti a risonanza magnetica cardiovascolare, ed è stato impiantato loro un registratore sottocutaneo che ha registrato il battito cardiaco per due anni.
I dati hanno rivelato che il 47,2 per cento degli atleti presentava segni di cicatrici sul ventricolo sinistro del cuore, mentre circa il 3 per cento della coorte ha manifestato una frequenza cardiaca accelerata potenzialmente pericolosa. “Non ci aspettavamo – riporta Swoboda – che l’associazione tra cicatrici e ritmi aritmici pericolosi fosse così evidente. I nostri dati sottolineano l’importanza di sensibilizzare gli sportivi sull’importanza di conoscere il funzionamento di un defibrillatore”. Come principale limitazione, gli autori riconoscono che i risultati potrebbero non essere generalizzabili alle fasce di popolazione non rappresentate nello studio, ovvero donne, ciclisti non europei e persone che non praticano sport regolarmente. Inoltre, i risultati non sono stati in grado di distinguere se la cicatrice cardiaca in sé fosse la causa delle aritmie o se fosse un indicatore di un processo sottostante distinto. Sarà pertanto necessario, concludono gli scienziati, condurre ulteriori approfondimenti per chiarire meglio i meccanismi legati a questa correlazione.
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