Un accesso equo e omogeneo ai percorsi di screening e presa in carico dei soggetti ad alto rischio eredo-familiare per la Sindrome di Lynch: è questa la call to action, rivolta alle Istituzioni ed emersa dai due Tavoli interregionali (Nord e Centro-Sud Italia) organizzati da Fondazione Onda ETS, rispettivamente a marzo e a maggio, i cui risultati sono stati presentati oggi in una conferenza stampa che è stata l’occasione per fare il punto sulle principali criticità a cui occorre fare fronte. La conferenza ha visto, inoltre, la presentazione dei dati di un’analisi economica di un percorso di screening per la Sindrome di Lynch condotta da ALTEMS Advisory– Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari.
La sindrome di Lynch (SL) è una condizione ereditaria associata a un aumentato rischio di sviluppare nell’arco della vita diversi tipi di neoplasie, principalmente tumori del colon-retto e dell’endometrio. Si stima che colpisca 1 persona ogni 279. La sua identificazione precoce consente l’attivazione di strategie di prevenzione e sorveglianza personalizzate, con un impatto rilevante sulla riduzione della mortalità. Nonostante l’evidenza clinica, in Italia non esiste ancora una strategia di screening universale su scala nazionale che conduca all’individuazione della SL a partire dall’analisi dei campioni istologici di tutti i nuovi casi di tumori colorettali e dell’endometrio. I documenti sono stati redatti a seguito dei due Tavoli tecnici interregionali che si inseriscono in un progetto più ampio promosso da Fondazione Onda ETS, dando seguito a quanto emerso dal confronto tra Istituzioni, comunità scientifica, Associazioni di pazienti e società civile, nel Tavolo Istituzionale svoltosi a luglio dello scorso anno, con l’obiettivo di promuovere un accesso equo e omogeneo ai percorsi di screening e di presa in carico dei soggetti (pazienti e loro familiari) ad alto rischio eredo-familiare di Sindrome di Lynch.
“Sebbene lo screening universale per la Sindrome di Lynch sia stato suggerito già dal 2008, la Sindrome sia stata inserita nei LEA e il Piano Oncologico Nazionale preveda indicazioni specifiche, è tuttora largamente sotto-diagnosticata. Robuste evidenze dimostrano l’efficacia delle strategie di prevenzione nei soggetti portatori delle varianti patogenetiche, in termini di maggior sopravvivenza e miglior qualità della vita, nonché di riduzione dei costi a carico del Sistema sanitario. Tuttavia nel nostro Paese si rileva una marcata disomogeneità dei percorsi diagnostico terapeutici a livello regionale con conseguenti disparità sul territorio nella sua identificazione. Un dialogo aperto e un confronto costruttivo tra Società scientifiche, Associazioni di pazienti e Istituzioni, come quello che ha promosso Fondazione Onda ETS, rappresentano i presupposti essenziali per affrontare una sfida complessa e multidimensionale che non è soltanto organizzativa e formativa ma anche culturale, per assicurare equità e pari opportunità a tutti i cittadini in tutte le Regioni”, spiega Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda ETS.
I punti chiave emersi dai due Tavoli Tecnici interregionali:
– migliorare le conoscenze attraverso la ricerca epidemiologica, di base e clinica, per sviluppare procedure uniformi, migliorare le capacità di identificare le persone a rischio, ottimizzare la prevenzione e implementare protocolli di sorveglianza condivisi;
– implementare la formazione per tutti i professionisti coinvolti (medici specialisti, MMG, tecnici e personale di laboratorio, ecc.) e investire nella formazione della figura professionale del counselor/infermiere genetico, che attualmente manca in Italia, per rendere più efficienti i percorsi e ridurre il carico sui servizi di genetica medica;
– promuovere un’integrazione coordinata tra la rete delle malattie rare e quella oncologica e un’efficiente digitalizzazione, puntando sull’identificazione dei familiari da inserire in percorsi specifici di prevenzione e sorveglianza, sulla presa in carico e l’accesso agli accertamenti previsti dai protocolli e ad eventuale chirurgia profilattica;
– garantire un accesso equo, omogeneo e tempestivo ai percorsi di prevenzione e terapeutici, investendo risorse costo efficaci dal punto di vista della sostenibilità economica in una prospettiva di medio e lungo termine.
“I temi che interessano il percorso di diagnosi e presa in carico delle persone con Sindrome di Lynch – purtroppo comuni anche ad altre simili patologie – ne fanno una sorta di specchio della situazione relativa, in particolare, alle malattie di origine genetica. In primo luogo, infatti, abbiamo la richiesta di una maggiore formazione per medici e specialisti, per poter giungere all’individuazione di una diagnosi corretta – ancora attualmente sottostimata – e indirizzare precocemente le persone verso i necessari percorsi terapeutici. In secondo luogo, rileviamo le disparità territoriali che danno vita a un mosaico di situazioni, dove le persone e le loro famiglie, purtroppo, non godono delle stesse possibilità, degli stessi sostegni e delle stesse opportunità di cura sull’intero territorio nazionale. Il sistema sanitario nazionale rappresenta un elemento fondamentale della nostra democrazia: proprio per questo, le diseguaglianze che colpiscono cittadini e cittadine – ancor più in un momento di fragilità o bisogno – non sono tollerabili. Il punto centrale sul quale impegnarsi, dunque, rimane quello degli investimenti, in risorse e formazione, rendendo inoltre attivo il ruolo e la voce delle associazioni e dei pazienti nei processi decisionali”, aggiunge l’On. Ilenia Malavasi, Componente XII Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati. Per Maurizio Genuardi, Presidente AIFET – Associazione Italiana Familiarità ed Ereditarietà Tumori, “le applicazioni della genetica in medicina hanno risvolti estremamente importanti per la prevenzione primaria e secondaria di alcune malattie. In ambito oncologico circa il 5-10 per cento dei tumori si sviluppa in persone che hanno un alto rischio su base genetica e che necessitano di percorsi diagnostici-preventivi multidisciplinari. AIFET è la Società Scientifica con una storia di più di 30 anni, che vede coinvolti specialisti di diverse branche della medicina nell’assistenza e nella ricerca in questo campo”. conclude
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