Dieci anni sono un traguardo importante per un’associazione che, come ANPTT Onlus, è stata fondata da un piccolo gruppo di pazienti e familiari, per la precisione 22, che condividevano la stessa diagnosi e lo stesso senso di smarrimento. Grazie al loro impegno, infatti, oggi ANPTT Onlus è una realtà riconosciuta che ha saputo trasformare la sofferenza in forza collettiva. In questo decennio di attività non sono di certo mancati ostacoli, opposizioni e critiche, ma ciò che davvero conta è l’aver raggiunto risultati concreti, l’aver creato una rete di sostegno solida e un senso di comunità che continua a rafforzarsi. Massimo Chiaramonte, presidente dell’associazione, ripercorre le origini con lucidità e orgoglio: “L’associazione ANPTT Onlus nasce per volontà di alcuni pazienti e familiari. Dei 22 fondatori, il 75% erano pazienti, gli altri erano genitori, figli, cugini, parenti. Il nostro obiettivo era evitare che persone con la nostra stessa diagnosi affrontassero il nostro stesso calvario”. Tutto nasce da un gruppo Facebook (…Quelli della Porpora… creato nel 2008, ndr), un punto d’incontro virtuale diventato presto uno spazio reale di condivisione e progettualità. “Ci eravamo uniti e conosciuti online. Abbiamo iniziato a capire che avevamo tutti gli stessi problemi. Così abbiamo deciso di unire le nostre forze”, racconta ancora Chiaramonte.
Una volta costituita l’associazione, la priorità è stata chiara: rendere accessibile il test ADAMTS13, fondamentale per i pazienti affetti da porpora trombotica trombocitopenica (PTT). Questo esame misura l’attività dell’enzima ADAMTS13, che quando risulta carente causa l’accumulo di fattore di von Willebrand ultra-largo, provocando la formazione di microtrombi nei piccoli vasi sanguigni e scatenando la malattia. “Il test per noi è salvavita – sottolinea Chiaramonte – e serve anche per individuare una possibile recidiva della malattia. Eppure, prima che fosse inserito nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), il suo costo oscillava da 35 a 501 euro, a seconda delle regioni. In alcune non era proprio disponibile e non lo è tuttora. E se avevi la sfortuna di vivere in una di quelle, oltre a pagare il test dovevi anche permetterti il treno o l’aereo per recarti in una regione dove veniva effettuato gratuitamente. Il paradosso, spiega – è che il test viene eseguito in pronto soccorso in caso di emergenza, ma resta negato ai pazienti in follow-up. È un’ingiustizia evidente”, aggiunge il Presidente di ANPTT Onlus. Dopo anni di battaglie, richieste formali, dossier inviati alle istituzioni e una paziente ma ferma pressione pubblica, il risultato è arrivato. “L’inclusione del test ADAMTS13 nei LEA è una battaglia vinta dall’associazione. Dopo una lunga e sofferta attesa, con il Dpcm di prossima approvazione ci è stato finalmente riconosciuto il diritto. Ora possiamo iniziare a vivere in un mondo più equo”.
L’inserimento del test nei LEA, però, non rappresenta la fine del percorso. “Dobbiamo ancora vedere se le Regioni avranno effettivamente le risorse economiche per erogare la prestazione”, chiarisce Chiaramonte. Il rischio, concreto, è che il riconoscimento formale resti lettera morta se mancano strumenti (come i laboratori dove eseguire il test, ndr) e fondi per applicarlo. Proprio per questo, l’associazione continua a intervenire dove le istituzioni non arrivano. “Sosteniamo le spese di viaggio per i soci, soprattutto verso il centro di Milano, che al momento è l’unico ad avere un approccio realmente multispecialistico”. Per orientare i pazienti nella scelta di strutture realmente qualificate, ANPTT Onlus è anche al lavoro per stilare un elenco indipendente dei centri validi, a prescindere dai riconoscimenti formali. “Alcuni centri sono ‘di riferimento’ solo sulla carta. Ma se vedono due pazienti all’anno, non possiamo considerarli esperti”.
La porpora trombotica trombocitopenica è una patologia rara, ma i suoi effetti sono tutt’altro che trascurabili. È caratterizzata da una carenza grave di ADAMTS13 che porta alla formazione di piccoli trombi nei capillari. Questi ostacolano il flusso sanguigno e possono causare anemia emolitica, calo delle piastrine, danni renali, neurologici e cardiaci. La diagnosi tempestiva e il monitoraggio continuo sono fondamentali per evitare complicanze gravi o addirittura letali. In Italia, stando alle stime dell’associazione, i pazienti con PTT sarebbero circa 1600. Un numero rilevante, ma difficile da confermare. “È una nostra stima, perché non esiste un sistema di monitoraggio a livello regionale o nazionale. Eppure un osservatorio della malattia o un registro di patologia dovrebbe esserci, come accade per altre patologie rare. Anche su questo continueremo a lavorare”, assicura Chiaramonte.
Il lavoro dell’associazione non si limita all’accesso alle cure. “Abbiamo sempre offerto assistenza, sostegno e una presenza attiva alle persone ammalate e alle loro famiglie”, racconta il presidente. “Dimostriamo ogni giorno che la relazione è parte integrante della cura”. È proprio da questa consapevolezza che nasce uno degli obiettivi futuri: migliorare il dialogo tra medico e paziente. “Vorremmo essere copiloti nella nostra cura”, afferma con determinazione. La diagnosi di una malattia rara ha un impatto che va ben oltre il paziente, toccando l’intera famiglia e la società nel suo complesso. La diagnosi spesso può portare a confusione e incertezza, richiedendo supporto emotivo e informazioni adeguate per tutti i membri coinvolti. Difatti da quest’anno, l’associazione ha attivato anche un servizio di supporto psicologico per i pazienti. “Non è riconosciuto dal Servizio Sanitario Nazionale, ma è essenziale. La malattia ti sfianca, porta stanchezza, problemi di memoria. Eppure, nelle commissioni che valutano l’invalidità, se non sei su una sedia a rotelle spesso non ti vedono. Ci sentiamo invisibili, nonostante la gravità reale della nostra condizione”, dice ancora il Presidente dell’Associazione.
ANPTT Onlus guarda avanti con la stessa determinazione degli inizi. “A tutela dei pazienti continueremo a monitorare la messa in pratica delle Linee Guida e l’attuazione concreta dei LEA e a sostenere economicamente i viaggi per il test ADAMTS13, soprattutto per i pazienti più fragili. E non smetteremo di chiedere che la nostra malattia venga finalmente riconosciuta in tutti i suoi aspetti, non solo clinici ma anche sociali e lavorativi. Ci sono pazienti che hanno perso il lavoro e che vivono nell’isolamento più totale. La società tende a emarginare chi è malato”, conclude Chiaramonte. Dieci anni dopo quella firma sull’Atto Costitutivo, oggi ANPTT è una realtà viva, che ha trasformato la diagnosi in un punto di partenza, e la malattia in un’occasione di alleanza.
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