In 15 anni le malattie infiammatorie croniche intestinali tra i giovani al di sotto di 20 anni sono aumentate del 25%. Il dato emerge da uno studio dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie degli Stati Uniti, pubblicato recentemente sulla rivista Gastroenterology. A portarlo all’attenzione del grande pubblico è l’Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino (Amici), in occasione della Giornata mondiale delle malattie infiammatorie croniche intestinali, che si celebra il 19 maggio. Un’indagine della stessa Associazione indica, inoltre, che “l’impatto sulla qualità della vita dei bambini e degli adolescenti può essere devastante, specialmente a scuola e nel rapporto con gli altri”.
Lo studio americano, basato sui dati relativi a 2,7 milioni di bambini e giovani fra quattro e i 20 anni, indica in particolare che dal 2011 i casi di malattia di Crohn sono aumentati di circa il 22% e quelli di colite ulcerosa pediatrica di circa il 29%. L’indagine italiana denuncia come i ragazzi colpiti da queste malattie si sentano diversi e come la metà degli adolescenti abbia problemi di socializzazione. Di questi, solo una minima parte ha avuto accesso a percorsi di supporto psicologico. “Si stima che oltre cinque milioni di persone nel mondo e 250mila in Italia convivano con una malattia infiammatoria cronica intestinale”, osserva Paolo Gionchetti, dell’Irccs Policlinico Sant’Orsola di Bologna.
Per la presidente dell’associazione Amici Italia, Mara Pellizzari, queste malattie “non riguardano solo l’infanzia. Colpiscono anche adulti e persone anziane, con implicazioni diverse a seconda delle fasi della vita. In un Paese che sta invecchiando – rileva – dobbiamo chiederci cosa significa convivere con una malattia cronica e invalidante in età avanzata, e costruire un sistema sanitario davvero equo e accessibile a ogni età”. In quest’ottica, prosegue Pellizzari, “è indispensabile garantire un accesso equo e omogeneo alle cure e alle terapie, superando le disuguaglianze territoriali e riducendo le liste d’attesa per visite specialistiche ed esami“. “Altrettanto urgente – prosegue – è aggiornare i Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) per includere tutti gli strumenti e i servizi necessari a una gestione moderna e integrata della malattia”. Serve, infine, “un approccio multidisciplinare che coinvolga medici, infermieri specializzati, psicologi e nutrizionisti, per offrire una presa in carico completa e continua lungo tutte le fasi della vita”.
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