Cinque installazioni, cinque viaggi emotivi. C’è una donna che tiene gli occhi chiusi: nel suo petto, là dove la malattia affonda le radici, sbocciano fiori. Un giorno trova il coraggio di aprirli, e di guardarsi. È il momento in cui accetta la sua diagnosi, e inizia a riconoscersi. Altrove, c’è un palloncino che prima vola, poi si sgonfia, arranca. Ma ritrova la forza e l’aria necessaria grazie a un incontro: quello con un medico che dà finalmente un nome alla sua sofferenza e una cura che restituisce speranza. Ancora, un orso-uomo affonda sott’acqua, senza respiro. Solo una mano tesa, quella del caregiver, lo riporta alla luce. Dipinge con delicatezza il peso e il valore di chi, giorno dopo giorno, sostiene il paziente nel percorso di malattia. Un tunnel nero sembra inghiottire tutto, ma poi arriva la luce. Una luce che torna e si spegne, poi ritorna ancora. Come le fasi di una patologia che alterna stabilità e riacutizzazioni, luce e buio. E infine un uomo, in bilico su un’altalena. L’oscillazione costante tra equilibrio e crollo. Per chi vive con la fibrosi polmonare, quell’altalena è la sua bombola di ossigeno. Una presenza costante, salvifica ma anche ingombrante.
Cinque opere, cinque storie, un solo messaggio: la fibrosi polmonare va vista, ascoltata, riconosciuta. Ed è proprio questo l’obiettivo di AiR: una nuova dimensione per le Fibrosi Polmonari, la mostra promossa da Boehringer Ingelheim, in programma al Chiostro del Bramante a Roma fino 29 giugno 2025. Un’iniziativa che unisce l’impegno scientifico con la narrazione artistica ed emozionale, per dare voce a chi, troppo spesso, resta ai margini. “Ci sono bisogni familiari, sociali, personali ancora irrisolti per chi vive con questa malattia – sottolinea Morena Sangiovanni, Presidente e AD Boehringer Ingelheim Italia –. L’arte, oggi, ci permette di portare alla luce il loro vissuto e di costruire una nuova consapevolezza collettiva. Perché la fibrosi polmonare non è solo una diagnosi: è un cambiamento profondo, fisico, psicologico, relazionale. Una trasformazione che merita attenzione, empatia e risposte”. Boehringer Ingelheim lavora da oltre un secolo nella ricerca respiratoria. “Nel campo della fibrosi polmonare – ricorda Sangiovanni – fino a poco più di dieci anni fa non c’erano terapie.
Oggi, grazie alla ricerca, esistono due trattamenti disponibili e un terzo è in arrivo, con risultati promettenti. “Abbiamo pubblicato recentemente i dati degli studi FIBRONEER, che aprono la strada a una nuova opzione terapeutica. Ma il nostro impegno non si ferma qui: lavoriamo per rendere l’accesso a questi farmaci quanto più possibile omogeneo su tutto il territorio nazionale”, aggiunge Sangiovanni. Per farlo, però, serve anche un cambio di passo. “Abbiamo bisogno di un sistema che semplifichi l’attivazione degli studi clinici, riduca i tempi di approvazione delle terapie e riconosca il valore dell’innovazione. Perché se oggi in Italia non siamo ancora competitivi come altri Paesi, il rischio è che siano i pazienti a pagare il prezzo di questa lentezza. E questo non è accettabile”, prosegue. Semplificare, innovare, ma anche ascoltare. “Iniziative come questa mostra – spiega ancora Sangiovanni – sono fondamentali perché restituiscono dignità al vissuto delle persone. Le opere sono nate dal dialogo diretto tra artisti e pazienti. E ognuna di esse ci restituisce, con forza e delicatezza, il significato profondo della convivenza con una malattia invisibile. È un’esperienza che tocca nel profondo e che, speriamo, aiuti tutti noi a guardare con occhi diversi chi affronta ogni giorno questa sfida”.
In occasione dell’inaugurazione, tante le voci che si sono alternate per raccontare bisogni, criticità e speranze. “Uniformare i percorsi è doveroso – dichiara Gian Domenico Sebastiani Past President della Società Italina di Reumatologia (SIR) –. Non è accettabile che una persona debba girovagare per mesi prima di ottenere una diagnosi”. Anche Paola Canziani, presidente del GILS (Gruppo Italiano per la Lotta alla Sclerodermia), ha voluto sottolineare l’urgenza di una presa in carico più attenta e precoce: “I pazienti sclerodermici affrontano una serie di difficoltà non solo per la gestione della malattia, che è molto grave e invalidante, ma anche nella normale vita di ogni giorno. Come Associazione, cerchiamo di intercettare i loro bisogni e colmare le lacune, cliniche e assistenziali. La fibrosi polmonare è una complicanza molto frequente nella sclerosi sistemica e, per questo, la diagnosi precoce diventa vitale. È fondamentale un approccio multidisciplinare, che possa almeno arginare la malattia e ridurne gli effetti più devastanti. Ecco perché il ruolo delle associazioni è strategico: siamo in grado di veicolare le necessità reali dei pazienti verso Istituzioni, medici e tutti gli altri attori del sistema salute”.
“Il ruolo del medico di famiglia è fondamentale – afferma Rosanna Cantarini della SIMG –. Bisogna creare una rete efficiente tra territorio e specialisti per permettere un accesso rapido ai percorsi diagnostici”. A ricordare quanto sia difficile oggi arrivare a una diagnosi precoce è anche Claudia Ravaglia, responsabile del gruppo di studio AIPO sulle pneumopatie infiltrative diffuse e patologie del piccolo circolo: “Dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi passano in media 36 mesi. Troppo tempo. I sintomi iniziali della fibrosi polmonare sono spesso sottovalutati o confusi con disturbi comuni come la tosse del fumatore, la dispnea attribuita all’età o al sovrappeso, il reflusso gastrico. Ma il campanello d’allarme dovrebbe essere la persistenza di questi sintomi nonostante le terapie somministrate. Una diagnosi tempestiva permetterebbe di iniziare subito i trattamenti disponibili, rallentare la progressione della malattia e migliorare sensibilmente la qualità della vita. Per questo, è cruciale formare i medici e sensibilizzare la popolazione”. “Il palloncino che si sgonfia – commenta Daniela Marotto, Past President del Collegio dei Reumatologi Italiani (CREI) rievocando una delle opere presentate – è un’immagine perfetta. È l’incontro con il medico che cambia tutto. Dà un nome al dolore, e restituisce una possibilità”. Anche per Matteo Buccioli (FIMARP), “la figura del caregiver è fondamentale. È la mano che salva. Ma ancora oggi non ci sono percorsi formativi adeguati. È un vuoto da colmare”. E poi l’arte. “Strumento universale – ricorda Silvia Tonolo (ANMAR) – capace di raccontare l’indicibile. Queste opere devono continuare a viaggiare, per toccare cuori e coscienze in tutta Italia”.
Ma accanto all’emozione, resta la necessità di agire. “È grazie alla ricerca che possiamo offrire nuove opportunità terapeutiche, nuove speranze alle persone che soffrono di malattie come la fibrosi polmonare”, spiega Paola Rogliani, presidente della SIP, la Società Italiana di Pneumologia. “Investiamo oltre il 25% del nostro fatturato in ricerca e sviluppo – conclude Sangiovanni –. Per continuare a farlo abbiamo bisogno di un sistema che premi l’innovazione, che consenta alle aziende di contribuire con forza allo sviluppo del Paese, all’occupazione, alla salute. Non possiamo permettere che burocrazia e ritardi frenino il nostro impegno. Perché dietro ogni molecola c’è una speranza. E dietro ogni paziente, un diritto: quello a respirare, a essere visto, curato, compreso”. La mostra AiR resta aperta fino al 29 giugno. Poi, le opere viaggeranno per l’Italia, portando con sé storie, sguardi e richieste. Perché l’arte, quando incontra la vita, non si ferma. E può essere il primo passo verso un cambiamento possibile.
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