Advocacy e Associazioni 29 Febbraio 2024 14:42

Disabili, la Lombardia ridimensiona i tagli, ma alle Associazioni “non basta”

Meli (Ass. Famiglie disabili Lombarde): “Restano irrisolte tre criticità: la libertà di scelta dell’individuo, la riduzione del contributo e l’inaccettabile trattamento per i nati nel 2024 con disabilità gravissima”

Disabili, la Lombardia ridimensiona i tagli, ma alle Associazioni “non basta”

In Regione Lombardia resta acceso il dibattito sulla nuova programmazione regionale del Fondo per le non autosufficienze (Fna), dopo che con un’apposita delibera il governo locale che ha previsto riduzioni, a partire da giugno di quest’anno, di alcuni contributi mensili per l’assistenza delle persone con disabilità, in particolare la ‘misura B1’ (a sostegno della disabilità gravissima) e la ‘misura B2’ (a sostegno della grave disabilità).

Il parere delle Istituzioni locali

Si è svolto ieri l’ultimo incontro con le associazioni che rappresentano le famiglie con disabilità sul territorio: “La trattativa con il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali è stata proficua – dice l’assessore regionale alla Famiglia, Solidarietà sociale e Disabilità, Elena Lucchini -. Grazie a un costante dialogo, sia sul piano politico sia su quello tecnico, siamo riusciti a raggiungere un obiettivo per noi essenziale. Da un lato, infatti, abbiamo salvaguardato il contributo economico a favore dei caregiver. Dall’altro abbiamo proseguito nel necessario potenziamento dei servizi sul territorio. Un risultato possibile grazie anche alla disponibilità dimostrata dal ministro Marina Calderone, che ho incontrato personalmente negli scorsi giorni. Tutto ciò ha segnato un cambio di passo rispetto al passato. È doveroso ricordare infatti come le imposizioni restrittive contenute nel Piano nazionale siano state introdotte da Governi precedenti”.

Il diritto all’autodeterminazione

Ma se le parole dell’assessore appaiono ottimiste, le Associazioni che promuovono i diritti delle persone con disabilità, non lo sono altrettanto: all’esito dell’incontro, infatti, hanno confermato la loro volontà di scendere in piazza e, soprattutto, la necessità di indire un nuovo incontro per discutere i nodi della vicenda che ancora restano da sciogliere. “Innanzitutto – spiega Maria Amalia Meli, presidente dell’Associazione Famiglie Disabili Lombarde, in un’intervista a Sanità Informazione -, la libertà di scelta dell’individuo non può subire una riduzione del contributo a favore di un servizio non richiesto e soprattutto inesistente inefficiente e inadeguato. Così non si va verso la strada dell’individualizzazione delle personalizzazione ma della standardizzazione del servizio che non copre il bisogno individuale”.

La riduzione del contributo

Il secondo nodo da sciogliere è la riduzione del contributo che, “seppure non più repentina come nella delibera precedente – continua Meli – comporterà l’impossibilità di comprare privatamente un servizio per l’alto costo della vita in Lombardia, servizio che la famiglia è costretta a comprare perché non potrà esigerlo dalle cooperative accreditate o dagli ambiti territoriali perché non hanno e non avranno personale e/o non sono ancora strutturati per offrire un servizio anche solo di carattere socializzante, figuriamoci quelli di carattere sociosanitario o sanitario (neanche se con impegno ci lavorano per tre anni, tanto sono peggiorai)”.

Per i nuovi nati discriminazione di trattamento inaccettabili

Per ultimo, l’Associazione Famiglie Disabili Lombarde ritiene “inaccettabile che le nuove domande possano essere prese in carico solo se tra i disabili gravissimi in B1. Ciò presuppone o che  avvenga ‘il miracolo’ che gli consenta di uscire dalla gravità della disabilità gravissima (cosa alquanto remota) – sottolinea la presidente Meli – oppure muoiono e lasciano posto agli altri nuovi (che è quello che ci inducono secondo questa logica a sperare, nostro malgrado, affinché nessuna nuova domanda di richiesta  con disabilità gravissima venga parcheggiata nelle liste d’attesa degli ‘ammessi non finanziati). Questo è inaccettabile. Una nuova famiglia a cui nasce un bambino con disabilità gravissima in dispensa vitale subirebbe una discriminazione di trattamento – conclude – solo per essere nato nel 2024”.

 

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