Contributi e Opinioni 12 Aprile 2021 11:10

Assistenza al paziente e percorsi assistenziali: il progetto del Fatebenefratelli

Per assistere in maniera ottimale i pazienti è necessario costruire dei percorsi assistenziali condivisi tra tutti gli specialisti che ruotano intorno a una determinata patologia. È importante abbandonare l’autoreferenzialità e attivare la collaborazione tra le diverse figure sanitarie.

È questo il principale obiettivo del progetto “I Percorsi assistenziali modificano gli esiti” che vede coinvolti gli Ospedali Fatebenefratelli della Provincia Romana ed Isola Tiberina e che culminerà nei mesi di aprile e maggio con una serie di incontri online tra specialisti in cui verranno discussi i percorsi identificati per nove aree terapeutiche. «Per raggiungere l’obiettivo del progetto – spiega l’ospedale in una nota – sono stati istituiti dei veri e propri gruppi di lavoro trasversali tra i vari ospedali. Da più di sei mesi, gli specialisti si stanno confrontando per stilare delle linee di indirizzo che verranno poi proposte a tutti gli esperti afferenti agli ospedali Fatebenefratelli provincia romana ed Isola Tiberina. Lo scopo è avere tutti una stessa modalità di azione puntando sempre all’eccellenza ma in maniera uniforme e non individualizzata, per il bene del paziente».

«L’obiettivo di questo progetto, che nasce dai Fatebenefratelli della provincia romana che ha sede a Roma, è di uniformare le attività sanitarie svolte nei vari ospedali. È necessario abbandonare l’autoreferenzialità in sanità e seguire le linee guida che non sono un obiettivo delle aziende sanitarie ma sono un obiettivo di grosse associazioni scientifiche, di gruppi di lavoro nazionali ed internazionali, di opinion leader che esaminano con metodologia scientifica ben precisa quello che bisogna fare» spiega il dott. Fabio Cartabellotta, Direttore Dipartimento di Medicina dell’Ospedale Buccheri la Ferla FBF.

«Un’azienda come la nostra che mira alla qualità e che ha sempre puntato su questo aspetto adesso deve fare un passo avanti misurando anche gli esiti. Siamo già partiti con questa mentalità uniformando l’archiviazione dei dati attraverso la cartella sanitaria elettronica. Questo aspetto è molto importante perché per non essere autoreferenziali bisogna misurare quello che si fa. Esistono già delle strutture e procedure che possono dare qualità, bisogna organizzare dei percorsi assistenziali che rispecchino il comportamento dei clinici rispetto alle linee guida» aggiunge Cartabellotta.

Il progetto punta dunque a costruire dei percorsi che saranno uguali all’interno delle varie strutture sanitarie anche se potranno leggermente essere modificati in ogni azienda. «È importantissimo rispettare i patti – evidenzia dott. Giovanni Roberti, Direttore sanitario aziendale degli Ospedali Fatebenefratelli della Provincia Romana – ci incontriamo numerose volte, condividiamo dei programmi ma spesso non rispettiamo quanto stabilito. Ad esempio, se decidiamo che chi ha una frattura di femore deve essere operato entro due giorni, che è uno standard di riferimento legato a minore morbilità e moralità nell’anziano, questo può avvenire solo nel caso in cui l’anestesista si attiva immediatamente già all’arrivo del paziente in pronto soccorso cercando di capire quali specialisti (cardiologo, ortopedico, ematologo etc) è il caso di coinvolgere. Questo sistema di esperti coinvolti deve attivarsi nell’immediato ed in un percorso preordinato che è anche scritto ma che spesso non viene rispettato».

Come tutte le aziende private anche i Fatebenefratelli guardano all’efficienza ma questo progetto punterà anche ad altri criteri di qualità quantificabili quali la sicurezza, l’appropriatezza di utilizzo rispetto alle linee guida, l’equità di accesso alla struttura e, di grande importanza, il coinvolgimento degli utenti. A questi ultimi spesso vengono date poche spiegazioni sull’iter sanitario e all’interno dei percorsi assistenziali in cui sono inseriti. «Dire quanto un paziente può rimanere in ospedale non è un problema soltanto di efficienza ma anche di risposta alla centralità del malato perché un malato che esce dalla comunità, dalla propria famiglia, dal proprio lavoro per stare in ospedale ci deve stare il tempo necessario» spiega Roberti. «Sono state scelte nove aree diagnostico-terapeutiche ritenute importantissime oggi sia per l’epidemiologia, sia per cambiamenti continui, sia per le emergenze: diabete, stewardship antibiotica, scompenso cardiaco e tromboembolismo, anemia, insufficienza respiratoria, oncologia, complicanze della cirrosi, epatite C, PICC (catetere venoso centrale ad inserimento periferico)».

Tutto il materiale che verrà prodotto sarà divulgato ai professionisti delle strutture anche attraverso i siti intranet ed internet e verrà creata una app dedicata con cui i professionisti potranno vedere i risultati dei gruppi di lavoro Si impone, dunque un modello organizzativo nuovo, trasversale alle varie discipline internistiche, in cui la logica che muove l’intero processo è la multidisciplinarietà. «Il paziente oncologico, ad esempio, nella maggior parte dei casi si caratterizza per un notevole grado di complessità. Infatti, con l’incremento della vita media, la popolazione dei malati oncologici anziani, con pluri-patologie, poli-pharmacy sta diventando prevalente nelle unità operative di oncologia. La risposta a tale esigenza è la creazione di percorsi condivisi tra specialisti che insistono sulla patologia oncologica (cardiologi, epatologi, endocrinologi, pneumologi), governati certamente dalla figura di “direttore d’orchestra” dell’oncologo. E tale sinergia, deve innestarsi fin dalle fasi iniziali del percorso del paziente. Insomma, una vera e propria rivoluzione copernicana culturale in ambito oncologico medico, dove spesso in passato ha prevalso la autoreferenzialità ed il personalismo» puntualizza il dott. Nicolò Borsellino, Direttore UOC di Oncologia Medica Ospedale Buccheri La Ferla FBF di Palermo e responsabile scientifico del progetto insieme a Cartabellotta. I percorsi saranno dunque definiti, scritti e firmati dai professionisti che sono stati scelti per la loro alta specializzazione nello specifico ambito.

In conclusione, dichiara Roberti: «C’è bisogno di condivisione massima dei percorsi validati da adottare e che nessuno abbia una leadership emergente tra pari quindi l’elemento focale è che deve essere deciso e rispettato un patto di fronte a un percorso tra persone che hanno valutato tutti gli aspetti di quel paziente, dal clinico all’organizzativo».

 

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