Il consumo di cannabis, in crescita a livello globale, potrebbe avere conseguenze metaboliche significative. Lo suggerisce una nuova analisi presentata al meeting annuale dell’Associazione europea per lo studio del diabete (EASD) a Vienna, condotta da Ibrahim Kamel e colleghi del Boston Medical Center. L’indagine ha incluso dati di oltre quattro milioni di adulti tra Stati Uniti ed Europa, raccogliendo informazioni dai sistemi di cartelle cliniche elettroniche di 54 organizzazioni sanitarie. I ricercatori hanno identificato quasi 97mila pazienti con diagnosi legate alla cannabis, variando dall’uso occasionale alla dipendenza, e li hanno confrontati con più di quattro milioni di individui senza precedenti di uso di sostanze o malattie croniche gravi.
Il follow-up, durato cinque anni, ha mostrato che i nuovi casi di diabete erano significativamente più frequenti nel gruppo dei consumatori di cannabis rispetto ai controlli. Dopo aver considerato numerosi fattori di rischio, come i livelli di colesterolo, l’ipertensione, malattie cardiovascolari, consumo di alcol e altre sostanze, l’analisi statistica ha rilevato un rischio quasi quadruplicato di sviluppare diabete di tipo 2 tra chi faceva uso di cannabis.
Sebbene lo studio non possa dimostrare un rapporto di causalità, i risultati hanno implicazioni immediate per la pratica clinica e per la salute pubblica. Gli autori sottolineano la necessità di integrare la consapevolezza del rischio di diabete nella gestione dei disturbi da uso di sostanze, promuovendo un monitoraggio metabolico regolare e un dialogo aperto tra operatori sanitari e pazienti sull’uso di cannabis.
“Man mano che la cannabis diventa più disponibile e accettata socialmente, è fondamentale comprendere i suoi potenziali rischi per la salute – spiega il Dr. Kamel -. Questi dati da prove del mondo reale evidenziano l’importanza di educare i pazienti e di valutare attentamente la necessità di monitoraggio metabolico”. Gli autori riconoscono comunque i limiti dello studio, legati alla natura retrospettiva dei dati, alla mancanza di dettagli sul consumo specifico di cannabis e alla possibile classificazione errata. Rimane inoltre da chiarire se il rischio sia associato a tutti i tipi di prodotti a base di cannabis o solo a specifiche modalità di consumo.
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