Advocacy e Associazioni 28 Luglio 2025 12:59

Malattie Croniche, CRM Patient Advisory Board: “La voce dei pazienti al centro della cura”

Si è concluso il percorso promosso da Boehringer Ingelheim Italia con sei associazioni di pazienti. Dal confronto nascerà un documento condiviso che raccoglie bisogni, criticità e proposte progettuali per migliorare la presa in carico dei malati cronici
Malattie Croniche, CRM Patient Advisory Board: “La voce dei pazienti al centro della cura”

Un documento che riassuma le esigenze di chi la malattia e le sue conseguenze sul piano fisico, psicologico e sociale le vive tutti i giorni sulla propria pelle. È questa la direzione tracciata dal CRM Patient Advisory Board, un percorso di confronto partecipato tra Associazioni di pazienti e clinici, promosso da Boehringer Ingelheim Italia. Una sintesi di bisogni, esperienze e idee progettuali che punta a tradurre la voce dei pazienti in proposte concrete di presa in carico integrata e precoce. La cura, dunque, non può più essere solo clinica: “Per noi di Boehringer la collaborazione con le Associazioni dei pazienti è un elemento cruciale – spiega Chiara Paglino, Direttore medico di Boehringer Ingelheim Italia –. Ci consente di essere davvero accanto a chi vive la malattia ogni giorno. Questo vale per tutte le aree terapeutiche, ma se ci concentriamo solo su quelle cardio-renali-metaboliche, parliamo di oltre 11 milioni e mezzo di persone in Italia. Le patologie cardio-reno-metaboliche impattano enormemente non solo sulla qualità di vita del paziente, ma anche sul sistema sanitario, che investe oltre 19 miliardi all’anno per queste patologie. Se includiamo condizioni correlate, come ipertensione e ipercolesterolemia, arriviamo a 37 miliardi. È un costo destinato a crescere di pari passo con l’invecchiamento della popolazione. E, allora, ottimizzare i percorsi di cura è un dovere collettivo”, aggiunge Paglino.

La sindrome cardio-renale-metabolica

Secondo i dati dell’Osservatorio Salutequità, in Italia ci sono 24 milioni di persone con almeno una patologia cronica, di cui nove milioni con forme gravi. Una sindemia che pesa oltre 65 miliardi l’anno. Nella sua declinazione cardio-renale-metabolica (CRM), questa fragilità si esprime attraverso un’interconnessione tra organi e fattori di rischio che spesso sfugge alle logiche a compartimenti del sistema. La sindrome CRM coinvolge cuore, rene e metabolismo in un’unica rete di patologie che si aggravano a vicenda, fino a colpire 11,6 milioni di persone, 4,7 delle quali convivono con almeno due fattori di rischio. A preoccupare, però, non è solo l’estensione del fenomeno, ma la frammentazione della presa in carico. “Molti pazienti affetti da più di una di queste patologie devono rivolgersi a diversi specialisti – continua Paglino – senza avere un unico punto di riferimento. Per questo, vogliamo supportare l’evoluzione verso un approccio più territoriale, che consenta di identificare il clinico di riferimento per un singolo paziente. Il documento che presenteremo nasce proprio per dare voce ai bisogni delle persone e portare queste proposte alle Istituzioni, alle società scientifiche, agli attori del sistema salute”.

La voce dei pazienti

Il CRM Patient Advisory Board ha visto la partecipazione di sei associazioni – Amici Obesi, AISC, ANED, Diabete Italia, EpaC e FAND – in un percorso articolato in cinque incontri, ognuno focalizzato su una diversa dimensione della cronicità: obesità, malattia renale cronica, diabete e scompenso cardiaco, diabete e MASH (steatoepatite metabolica), fino alla stesura finale di un documento con proposte concrete. Clinici, accademici e medici di famiglia si sono alternati nel percorso, con l’obiettivo comune di superare le barriere che ancora oggi separano le discipline, ma anche i pazienti dalle decisioni, con spunti di riflessione nati anche grazie alla partecipazione di un filosofo. “Bisogni ce ne sono davvero tanti – racconta Stefano Garau, Vicepresidente FAND – ma uno dei più importanti è il bisogno di confronto, mettendo insieme pazienti e stakeholder e creando spazi di dialogo da cui emergano esigenze condivise, favoriscano il dialogo e lo scambio efficace tra tutti gli interlocutori del mondo salute.  Non si può più fare finta che i pazienti siano solo destinatari passivi delle decisioni. Le associazioni oggi sono competenti, sanno di cosa parlano e possono indicare alle Istituzioni percorsi concreti. Serve un cambiamento culturale, prima ancora che organizzativo”.

A rafforzare questa visione, anche le parole di Massimiliano Conforti, vicepresidente di EpaC: “Abbiamo capito che i nostri problemi non sono poi così diversi da quelli di tutte le altre persone che soffrono di patologie croniche. Vogliamo più informazione, più comunicazione e soprattutto diagnosi precoce. Serve una visione integrata, che non isoli le patologie ma le consideri nella loro complessità. E per farlo è indispensabile che tutti gli attori del sistema – medici di base, società scientifiche, aziende, cittadini – si confrontino davvero. Non esiste un mondo di pazienti e uno di non-pazienti: chi oggi sta bene, domani potrebbe ammalarsi. Per questo, bisogna coinvolgere tutti, con messaggi accessibili e inclusivi. E servono più risorse anche per chi, come le associazioni o i caregiver, accompagna ogni giorno questi pazienti nel loro percorso di cura”.

Il dialogo che cura

Il momento conclusivo del percorso si è tenuto alla fine di giugno, con un workshop aperto a tutte le associazioni coinvolte, e arricchito dalla riflessione filosofica di Nicola Donti, professore all’Università di Perugia. “Socrate diceva che la verità si incontra nel dialogo e questo vale anche per il mondo della sanità: solo se i professionisti dialogano tra loro possono davvero occuparsi del bene del paziente. In medicina esiste il dolore, che può essere sedato dai medicinali. Ma per la sofferenza non esistono cure farmacologiche. E chi si prende cura del dolore di un individuo deve farsi carico anche della sua sofferenza. La malattia non si ferma al corpo: invade emozioni, relazioni, vita sociale e professionale. E tanto più il mondo della sanità saprà essere luogo di incontro, tanto più la verità emergerà. E per le malattie inguaribili, come quelle croniche, questa verità corrisponde all’accettazione della propria condizione”, conclude il professor Donti.

 

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