Potremmo collegarci in tempo reale anche con chi si trova dalla parte opposta del mondo con un semplice click, eppure la solitudine è uno dei principali mali del nostro secolo. Secondo il nuovo rapporto della Commissione Sociale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dal titolo “Dalla salute alle connessioni sociali”, una persona su sei nel mondo vive in uno stato di solitudine cronica. Una condizione che, silenziosamente, uccide: 871mila morti ogni anno, circa 100 ogni ora. “Viviamo in un’epoca di connessioni infinite, ma sempre più persone si sentono isolate. E questo genera costi enormi: in sanità, istruzione e lavoro”, avverte Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS.
La solitudine non conosce età né confini, ma colpisce con più forza giovani e abitanti dei Paesi a basso reddito. Nella fascia tra i 13 e i 29 anni, fino a un quinto dei giovani si sente solo. Una percentuale che nei contesti più poveri del mondo tocca punte ancora più alte, segnando un divario netto con i Paesi più sviluppati. Particolarmente esposti sono anche gli anziani, i migranti, le persone con disabilità e le comunità LGBTQ+. A incidere sono fattori che si intrecciano: il reddito basso, una scarsa istruzione, problemi di salute cronici o l’assenza di una rete familiare. Ma non solo: anche l’uso improprio della tecnologia può giocare un ruolo decisivo nel deterioramento dei legami umani. “Se mal gestita, può indebolire le relazioni umane, invece di rafforzarle”, sottolinea Chido Mpemba, co-presidente della Commissione OMS.
La solitudine non è solo una ferita dell’anima. È un pericolo concreto per il corpo e la mente. Può aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, accelerare il declino cognitivo, anticipare la morte. Espone con più facilità alla depressione, alimenta l’ansia, favorisce i pensieri suicidari. E quando si insinua tra i più giovani, compromette anche il rendimento scolastico e le prospettive di futuro. Gli adulti, dal canto loro, possono ritrovarsi più fragili nel mondo del lavoro, meno produttivi e più vulnerabili alla disoccupazione.
Gli effetti della solitudine si riflettono anche sul tessuto collettivo. Le comunità perdono coesione, aumenta la disuguaglianza, e il peso sulle strutture sanitarie e sociali diventa insostenibile. La solitudine costa. In termini umani, ma anche economici. Per questo il messaggio dell’OMS è chiaro: la connessione sociale deve diventare una priorità delle politiche pubbliche. La salute, l’istruzione, il lavoro e persino l’accesso digitale vanno ripensati in ottica relazionale.
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