Sanità 27 Maggio 2025 12:09

Oncologia, Italia a tre velocità: “C’è chi eccelle, chi avanza e chi resta indietro”

Il report di Agenas: bene Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto, Lazio e Valle d’Aosta. Sardegna, Calabria, Molise, Basilicata e Marche tra le più arretrate
Oncologia, Italia a tre velocità: “C’è chi eccelle, chi avanza e chi resta indietro”

In Italia, chi si ammala non riceve sempre gli stessi trattamenti: tutto dipende dalla Regione in cui vive o va a curarsi. A dimostralo è un’analisi condotta da Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali che, nella ‘Sesta Indagine Nazionale sullo stato di attuazione delle Reti Oncologiche Regionali’ (il Report agenas), fotografa un Paese diviso. Da un lato ci sono le Regioni che hanno costruito e fatto funzionare reti oncologiche strutturate ed efficienti, dall’altro, territori dove il progetto di una rete oncologica resta sulla carta, con conseguenze non da poco sulla qualità dell’assistenza, sui tempi e sugli esiti clinici. “La Rete oncologica regionale – si legge nel Report – è il modello organizzativo che garantisce la presa in carico ottimale del paziente oncologico, assicurando continuità, appropriatezza e accesso uniforme alle cure, grazie a percorsi diagnostico-terapeutici condivisi e coordinati”.

Le Regioni “totalmente performanti”

Stando ai dati diffusi da Agenas sono sei le Regioni che si distinguono per una gestione oncologica capillare, integrata e orientata al paziente: Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte/Valle d’Aosta, Veneto e Lazio. Qui, le reti non solo esistono da tempo, ma funzionano. Hanno Pdta (percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali) ben definiti, un’organizzazione del personale strutturata e un sistema di governance solido. Il risultato? Migliori esiti clinici, minori disuguaglianze, più fiducia da parte dei cittadini.

Altrove la ‘rete’ è un miraggio

Di contro, Calabria, Molise, Basilicata, Marche e Sardegna necessitano ancora di un deciso supporto, sia nella definizione che nell’attuazione delle reti. In questi territori, la mancanza di una rete strutturata comporta tempi di attesa più lunghi, una presa in carico discontinua e un alto ricorso alla mobilità sanitaria: i pazienti sono costretti a spostarsi altrove per ricevere cure adeguate, spesso pagando un prezzo emotivo, economico e familiare altissimo.

Ecco l’Italia che migliora

Segnali positivi arrivano dalla Campania, Umbria, Abruzzo, Puglia e Friuli-Venezia Giulia, che, partendo da una riorganizzazione della rete oncologica, stanno ottenendo risultati via via migliori. Anche le province autonome di Bolzano e Trento mostrano una buona stabilità, pur con caratteristiche demografiche e logistiche molto diverse dal resto del Paese.

Tempi, distanza ed esiti

Il report misura l’efficienza delle reti attraverso tre indicatori chiave:

  • presa in carico: quanto spesso i pazienti vengono trattati nelle strutture della rete;

  • tempi di attesa: quanti ricoveri avvengono entro 30 giorni dalla prenotazione;

  • indice di bacino: se e quanto le terapie (chemioterapia e radioterapia) sono erogate entro 100 km o 60 minuti da casa.

Le Regioni performanti sono quelle che non solo curano di più, ma curano prima e curano vicino. E in oncologia, dove ogni giorno può fare la differenza, questa non è solo buona organizzazione: è sopravvivenza.

Gli screening: il primo (e spesso unico) scudo

Ma la rete non serve solo a curare. Serve anche e, soprattutto, a prevenire. E qui l’Agenas lancia un altro segnale d’allarme: sebbene il livello di inviti agli screening sia aumentato (in media il 95% per il tumore alla mammella, 96% per il colon-retto, 101% per la cervice uterina), l’adesione reale resta deludente, specie nel Mezzogiorno.

Nel 2024:

  • solo il 49% delle donne italiane ha fatto la mammografia,

  • il 32% ha effettuato il test per il colon-retto,

  • il 41% si è sottoposto al Pap-test.

Nel Sud e nelle Isole, l’adesione è ancora più bassa: 36% per la mammella, 15% per il colon-retto, 34% per la cervice uterina. In Calabria, Sicilia e Sardegna, i dati sono fermi o addirittura in calo, e in alcuni casi mancano del tutto. “Manca ancora una reale cultura della prevenzione – si legge nel report – e la rete oncologica dovrebbe coordinarsi meglio con i Dipartimenti di Prevenzione delle ASL”.

Il diritto alle cure non può dipendere dal CAP

“La creazione di reti oncologiche forti e la promozione attiva degli screening sono la chiave per ridurre la mortalità oncologica e garantire un percorso di cura dignitoso. Le regioni più virtuose dimostrano che con investimenti mirati, governance solida e una cultura dell’integrazione ospedale-territorio si possono raggiungere e superare i target ministeriali. Per il Sud, la strada è ancora lunga e richiede interventi mirati, politiche incisive e un impegno costante per trasformare l’equità di accesso in un diritto davvero universale.” concludono gli esperti di Agenas.

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