In Italia l’accesso alle cure palliative e l’assistenza alle persone affette da patologie croniche e inguaribili, pur con un trend in crescita, è ancora ben al di sotto dei livelli di sufficienza, attestandosi al 33% come media nazionale. Ma con forti ed evidenti disparità territoriali e differenze regionali. Sono queste le principali criticità evidenziate dagli esperti della Sicp (Società italiana cure palliative) e la Fcp (Federazione cure palliative) in vista della Giornata nazionale del sollievo, che si celebra il 25 maggio. “Secondo dati ufficiali del ministero – sottolineano – in Trentino la copertura ha superato il 70%, in Veneto il 55%, in Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna è sopra il 40%, nel Lazio e in Umbria tra il 39% e il 36%. La Puglia è al 33%, il Friuli Venezia Giulia al 31%, la Sicilia al 23%. Di contro, in Sardegna non raggiunge il 5% (4,3%), in Calabria appena il 6,4%, in Campania e nelle Marche circa l’8,5%. Eppure, la legge 197/2022, approvata con la legge di Bilancio 2023, ha fissato l’obiettivo di garantire entro il 2028 l’accesso alle cure palliative, su tutto il territorio nazionale, al 90% delle persone che lo necessitano, impegnando Regioni e Province autonome la un progressivo potenziamento dei servizi. Obiettivo ancora realizzabile?”, chiedono gli specialisti in cure palliative.
Gli esperti pongono l’accento su come, “nonostante i molti passi in avanti fatti registrare negli ultimi anni e un trend di prese in carico in aumento, il diritto alla cura e al sollievo in presenza di malattie croniche e inguaribili non sia ancora garantito”.
“Siamo in uno scenario in continua evoluzione – afferma Gianpaolo Fortini, presidente Sicp – . Abbiamo ottenuto molti risultati, ma la strada è ancora lunga. Basti pensare agli effetti positivi della legge 106/2021 che ha vincolato le Regioni che ancora non lo avevano fatto a garantire l’erogazione delle cure palliative domiciliari e residenziali attraverso l’attuazione delle Reti di cure palliative. È fondamentale che le politiche sanitarie nazionali e soprattutto regionali si concentrino sul potenziamento delle strutture e dei servizi di cure palliative, soprattutto nelle aree con minore offerta, per garantire un accesso equo e uniforme a tutti i cittadini, come ha richiamato nel recente incontro con le Regioni e le Province autonome il presidente della Repubblica Sergio Mattarella”.
“Il divario territoriale e regionale è una delle principali sfide e criticità rispetto al bisogno di garantire ed erogare un adeguato supporto terapeutico a persone malate affette da malattie croniche e inguaribili – aggiunge Tania Piccione, presidente Fcp – . Alcune Regioni hanno sviluppato servizi avanzati, mentre altre faticano a garantire l’accesso alle cure palliative, sia domiciliari che residenziali. Questa disparità compromette l’equità del sistema sanitario nazionale, lascia molti pazienti senza il supporto necessario e rappresenta uno dei principali ostacoli alla garanzia di un’assistenza che non è un atto estremo, ma un diritto di continuità e appropriatezza terapeutica. In questo scenario, il Terzo settore, con il suo radicamento nelle comunità e il patrimonio di competenze maturate sul campo, è ancora troppo poco coinvolto nei processi di co-programmazione e co-progettazione delle reti territoriali: una risorsa preziosa che deve diventare parte strutturale delle politiche regionali per le cure palliative”.
Per gli esperti “carenza di personale, disomogeneità regionale e l’elevato carico di lavoro sono elementi cruciali che contribuiscono al distress degli operatori nelle cure palliative”. Allarma anche “l’assenza, nella maggior parte dei servizi, di psicologi formati e dedicati alla supervisione delle équipe di cura, professionisti essenziali per il benessere degli operatori, a maggior ragione in contesti di criticità – conclude Andrea Bovero, referente area psicologi Sicp -. Questi fattori possono compromettere la qualità dell’assistenza e incrementare il rischio di burnout tra i professionisti. Sentiamo l’urgenza di prenderci cura di chi cura e vogliamo rispondere in modo strutturato alle criticità che il personale incontra nelle attività lavorative quotidiane, per orientare politiche e interventi concreti per migliorare la qualità del lavoro e, con essa, la qualità della cura”.
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