Salute 14 Maggio 2025 09:19

Cervello, il troppo lavoro lo modifica

I ricercatori hanno rilevato delle alterazioni in aree associate alla regolazione delle emozioni ed alla funzione esecutiva, alla memoria di lavoro e al problem solving
Cervello, il troppo lavoro lo modifica

Il ‘superlavoro’, ovvero dedicare troppe ore alla vita professionale a discapito di quella familiare e sociale, aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, di disturbi metabolici e problemi di salute mentale. Ma questi rischi non sono una novità, sono già noti da tempo. Ciò che è tuttora poco chiaro è quali siano i cambiamenti anatomici che il superlavoro provoca a livello cerebrale. Per scoprirlo, un gruppo di ricercatori, affiliati a diverse università coreane, ha condotto un’analisi attingendo ai dati dello studio di coorte Grocs (Gachon Regional Occupational Cohort Study) e alle risonanze magnetiche effettuate per un progetto di ricerca sugli effetti delle condizioni di lavoro sulla struttura del cervello.

Lo studio finale ha incluso 110 persone

La ricerca, pubblicata sulla rivista ‘Occupational & Environmental Medicine‘, mette in evidenza come le lunghe ore di lavoro possano alterare la struttura del cervello, in particolare le aree associate alla regolazione emotiva e alla funzione esecutiva, come la memoria di lavoro e la risoluzione dei problemi. Ai partecipanti al Grocs è stato chiesto di sottoporsi a una risonanza magnetica aggiuntiva e l’analisi finale ha incluso 110 persone, escludendo quelle con dati mancanti o scarsa qualità delle immagini. La maggior parte erano medici: 32 lavoravano per un numero di ore settimanali in eccesso (28%), 78 invece rispettavano un orario standard. Quello che è emerso è che chi lavorava molte ore a settimana era significativamente più giovane, aveva lavorato meno e aveva un livello di istruzione più elevato rispetto chi faceva orari standard.

La misurazione del volume cerebrale

Le differenze nel volume del cervello sono state valutate utilizzando con una tecnica di neuroimaging che identifica e confronta le differenze regionali nei livelli di materia grigia. L’analisi comparativa dei risultati ha mostrato che le persone che lavoravano 52 o più ore a settimana presentavano cambiamenti significativi nelle regioni del cervello associate a funzione esecutiva e regolazione emotiva, a differenza dei partecipanti che lavoravano le ore standard. Ad esempio, è stato rilevato un aumento del 19% del volume del giro frontale mediale tra coloro che lavoravano molte ore rispetto a coloro che lavoravano con orari standard. Questa parte del cervello, spiegano gli esperti, ha un ruolo fondamentale in diverse funzioni cognitive, in particolare nel lobo frontale: è coinvolta nell’attenzione, nella memoria di lavoro e nell’elaborazione del linguaggio. Sono stati evidenziati poi aumenti massimi in 17 regioni, tra cui il giro frontale medio, il giro frontale superiore – coinvolto nell’attenzione, nella pianificazione e nel processo decisionale – e l’insula, che svolge un ruolo chiave nell’integrazione del feedback sensoriale, motorio e autonomo proveniente dal corpo ed è coinvolta nell’elaborazione delle emozioni, nella consapevolezza di sé e nella comprensione del contesto sociale.

Risultati della ricerca tra traguardi e limiti

Si tratta di uno studio osservazionale di piccole dimensioni e, in quanto tale, puntualizzano gli autori, “non è possibile trarre conclusioni definitive su causa ed effetto. I ricercatori riconoscono che, in assenza di dati a lungo termine, non è chiaro se questi cambiamenti strutturali siano una conseguenza del superlavoro o un fattore predisponente”. Ma sottolineano che, “sebbene i risultati debbano essere interpretati con cautela, rappresentano un primo passo significativo per comprendere la relazione tra superlavoro e salute del cervello. In particolare, l’aumento del volume cerebrale osservato potrebbe riflettere risposte neuroadattive allo stress occupazionale cronico. I cambiamenti rilevati potrebbero fornire una base biologica per le difficoltà cognitive ed emotive spesso segnalate nelle persone sottoposte a sovraccarichi di lavoro. Sono necessari futuri studi di neuroimaging longitudinali e multimodali per confermare questi risultati e chiarire i meccanismi sottostanti”. Resta intanto un faro acceso sull’importanza di “affrontare il superlavoro come un problema di salute” e sulla “necessità di politiche sul posto di lavoro che riducano al minimo le ore di lavoro in eccesso”.

 

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