Salute 27 Gennaio 2023 16:32

Tumore al seno: terapie integrate promosse, ma solo 1 donna su 2 le segue

I dati indicano che il 54% delle donne con carcinoma mammario non ha utilizzato una o più terapie integrate soprattutto perché nessuno gliene ha parlato o perché non c’è disponibilità nella struttura in cui è in cura. In Italia sono ancora sottoutilizzate perché da un lato c'è una scarsa formazione dei medici e dall’altro perché non tutte le strutture prevedono al loro interno servizi e consulenze mirate a tale scopo
Tumore al seno: terapie integrate promosse, ma solo 1 donna su 2 le segue

Dallo yoga all’agopuntura, dalla nutrizione personalizzata a specifici programmi di fitness, fino a consulenze psicologiche e integratori naturali. Le cosiddette terapie integrate possono essere di grande aiuto per le donne in cura contro un carcinoma mammario. Possono infatti rendere i trattamenti più sopportabili, favorendo così l’aderenza terapeutica, e anche più efficaci. Tuttavia, nel nostro Paese meno di una paziente con tumore al seno su due ricorre alle terapie integrate perché il più delle volte nessuno gliene parla o per assenza di disponibilità nella struttura in cui sono in cura.  Ad alzare il velo su questa carenza sono gli specialisti della Rete Oncologica Pazienti Italia (Ropi), in una ricerca sull’argomento presentata in occasione del primo incontro «Terapie integrate e carcinoma mammario» che si è tenuto a Roma presso la Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCCS.

Le terapie integrate possono ridurre indirettamente il rischio recidiva

«Le terapie integrate in oncologia consistono nella combinazione di cure mediche standard con trattamenti complementari, al fine di migliorare la tolleranza alle terapie antitumorali e nella promozione di stili di vita salutari – spiega Stefania Gori, direttore del Dipartimento Oncologico IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella e presidente Ropi -. Promuovere sani stili di vita può ridurre il rischio di recidive tumorali o l’insorgenza di secondi tumori legati al persistere di abitudini comportamentali a rischio». Nelle terapie integrate incluse nelle linee guida della Sio (Society for Integrative Oncology), accettate anche dalla Società Americana di Oncologia Medica (Asco), vengono incluse musicoterapia, meditazione e yoga per la riduzione dell’ansia/stress; meditazione, rilassamento, yoga, massaggi e musicoterapia per la depressione/disturbi dell’umore; meditazione e yoga per migliorare la qualità della vita; digitopressione e agopuntura per ridurre la nausea e il vomito indotti dalla chemioterapia.

Fabi (Gemelli): «C’è una scarsa formazione dei medici»

«Nonostante le numerose evidenze scientifiche che dimostrano l’efficacia delle terapie integrate nel migliorare la qualità della vita delle pazienti e, di conseguenza, anche l’aderenza terapeutica, nonché nel ridurre il rischio recidive, in Italia sono ancora sottoutilizzate – aggiunge Alessandra Fabi, responsabile della Medicina di Precisione Neoplasia della Mammella al Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e, insieme a Gori, coordinatrice dell’evento di questa mattina –. Questo perché in parte c’è una scarsa formazione dei medici e in parte perché non tutte le strutture prevedono al loro interno servizi e consulenze mirate a tale scopo. È importante concentrarsi anche sulla ricerca scientifica per sperimentare modalità di nuovi interventi che migliorino la qualità di vita delle pazienti oggi lungosopravviventi».

Yoga e agopuntura tra le terapie integrate a cui si ricorre maggiormente

La ricerca è stata condotta attraverso l’analisi delle risposte a circa 200 questionari sottoposti a pazienti con carcinoma mammario avanzato in fase precoce e in fase avanzata, in cura in diverse strutture in Italia, in un periodo che va da ottobre a dicembre 2022. Dai risultati è emerso che solo il 46% delle donne con carcinoma mammario ha utilizzato una o più terapie integrate. Di queste donne, il 74% ne ha avuto accesso al di fuori del Ssn e ne ha usufruito per gestire meglio gli effetti collaterali, sia fisici che psicologici, delle terapie e della malattia. Tra le terapie integrate a cui si ricorre maggiormente ci sono le cosiddette «discipline body-mind» (22%), tra cui lo yoga, il tai chi, il Qui gong, la mindfullness; e in egual misura (22%) le cosiddette «terapie complementari», cioè agopuntura, shiatsu, riflessologia. Seguono l’arteterapia (5%), la musicoterapia (2%) e altre non ben specificate.

Il 51% delle pazienti che è ricorsa alle terapie integrate si è rivolto a privati

«Nonostante il 96% delle pazienti ritiene di aver tratto beneficio dalle terapie integrate, il 54% delle donne con carcinoma mammario – riferisce la Fabi – non ne ha utilizzata neanche una. La metà di queste pazienti perché non ne ha sentito parlare, il 30% perché non ne ha voglia e tempo, e il 15% perché non ha possibilità di accedervi nella zona in cui vive». Tra le pazienti che hanno ricorso alle terapie integrate, il 51% si è rivolto a professionisti privati e solo il 21% ne ha usufruito presso il proprio centro di cura. Mentre il 23% ha avuto accesso grazie alle associazioni di volontariato.

Gori (Ropi): «Necessario diffondere una cultura basata sull’evidenza»

«I dati indicano chiaramente la necessità di diffondere nozioni relative alle terapie integrate tra gli oncologi e tra quanti gestiscono le pazienti con carcinoma mammario – aggiunge Gori – per permettere la diffusione di una cultura basata sull’evidenza relativa a queste terapie, evitando informazioni non veritiere e il ricorso a terapie alternative da parte delle pazienti. E questo è importante sia per il numero elevato di nuove diagnosi di carcinoma mammario in Italia, nel 2022 è stato infatti il tumore più frequentemente diagnosticato (55.700 casi, +0,5% rispetto al 2020), sia per i progressi ottenuti dai trattamenti oncologici nei confronti del carcinoma mammario in fase precoce e in fase metastatica».

Di Maio (Aiom): «Qualità della vita deve essere obiettivo della ricerca clinica»

«L’importanza della qualità di vita deve sempre essere un obiettivo della ricerca clinica in ambito oncologico – conclude Massimo Di Maio del Dipartimento di Oncologia, Università degli Studi di Torino, direttore dell’Oncologia dell’A.O. Ordine Mauriziano di Torino, e segretario nazionale AIOM –. Questo argomento è stato spesso relegato a endpoint ‘Cenerentola’ della ricerca, ma negli ultimi anni sta acquistando un’importanza crescente per la comunità scientifica e anche nel processo di valutazione dei farmaci da parte delle agenzie regolatorie. La ricerca oncologica deve valorizzare il punto di vista dei pazienti sulle terapie che ricevono. Trovo culturalmente importante che si discuta e si faccia formazione scientifica su questo tema».

 

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