Salute 20 Marzo 2024 17:05

Social media, uno studio svela perché ci appassionano le “discussioni al veleno”

Un nuovo studio del Centro per la Data Science e la complessità per la società presso il Dipartimento di Informatica della Sapienza Università di Roma pubblicato su Nature, ha analizzato 34 anni di conversazioni e 500 milioni di commenti su diverse piattaforme e ha decodificato le dinamiche del comportamento umano sui social media
Social media, uno studio svela perché ci appassionano le “discussioni al veleno”

Se le discussioni su Facebook, X o YouTube sugli argomenti più svariati, dai vaccini alle ricette, diventano spesso “accese” non è colpa degli algoritmi. Piuttosto, è una tendenza insita negli esseri umani. Il comportamento delle persone sui social media è rimasto costante negli ultimi 34 anni, soprattutto in relazione ai contenuti “tossici”. Questo nonostante profondi mutamenti nei modelli di business e nelle tecnologie delle piattaforme, nonché nei contesti sociali. È quanto emerge da un nuovo studio su 500 milioni di commenti online, pubblicato su Nature e coordinato da Walter Quattrociocchi, del Centro per la Data Science e la complessità per la società presso il Dipartimento di Informatica della Sapienza Università di Roma.

Analizzati oltre 500 milioni di commenti

Questo studio ha analizzato le modalità di dialogo tra gli utenti dei social per delinearne i pattern comportamentali, sulla base di un database che raccoglie dati di ben trentaquattro anni, estrapolati da diverse piattaforme (Facebook, Reddit, Gab, Youtube etc) fino alla meno recente USNET su più di 500 milioni di commenti. Mediante un esame comparativo dei dati stessi sono stati individuati gli schemi ricorrenti delle interazioni tra gli utenti, e si è scoperto che rimangano costanti nonostante i grandi cambiamenti intervenuti negli anni. In particolare è da notare che è apparso chiaro come le interazioni tossiche non influenzino l’engagement degli utenti che continuano a partecipare alle conversazioni anche se divenute altamente polarizzate. In più è emerso che, tendenzialmente, ciascuno di noi contribuisce alla tossicità, con un rilievo marginale di singoli individui o gruppi di individui.

Il prossimo obiettivo: monitorare gli appuntamenti elettorali a livello globale

“Nonostante piattaforme diverse e relativi algoritmi diversi, nonché norme sociali diverse, le dinamiche di tossicità – spiega Walter Quattrociocchi – sono sempre le stesse. E questo vale per argomenti di comunicazione online assai differenti tra loro, confermando l’universalità di questo pattern. In più ciò che emerge è che non esiste l’odiatore seriale e ci si avvelena più o meno tutti allo stesso modo su tutti i temi. Ancora – prosegue Quattrociocchi – ciò che emerge, e che è controintuitivo, è che a fronte di una comunicazione tossica nella quale in cui cominciano ad apparire commenti pesanti in grado in teoria di stroncare una conversazione, invece le conversazioni non si arrestano ma vanno avanti, dimostrando che l’ecosistema dei social ha una forte resilienza alla tossicità. Tutti elementi che uniti alla persistente polarizzazione online – a sua volta profondamente legata alla tossicità del linguaggio, tanto da esserne un fattore predittivo – ci fanno immaginare che le ricadute sulle risultanze elettorali dei prossimi mesi in giro per il mondo potranno essere rilevanti. Ecco perché come Centro per la Data Science abbiamo istituito un osservatorio per monitorare l’andamento dei prossimi appuntamenti elettorali a livello globale – Italia, USA, India etc. – così da studiare i pattern delle comunicazioni relative e da comprendere quali delle dinamiche emerse nel nostro studio toccheranno il voto”.

Piattaforme social a confronto

I risultati degli autori rivelano un modello coerente di aumento della tossicità nelle conversazioni più lunghe su tutte le piattaforme studiate, suggerendo che la durata di una conversazione è un fattore predittivo cruciale del suo livello di tossicità. Inoltre, l’analisi indica anche la polarizzazione come un fattore di fondo significativo che contribuisce a questa tossicità, evidenziando il ruolo dei punti di vista divergenti nell’alimentare la discordia online. Tuttavia, la presenza di contenuti tossici non scoraggia la partecipazione degli utenti, indicando una relazione complessa tra tossicità e coinvolgimento nel discorso online. Il confronto sistematico tra più piattaforme, cruciale per la sua portata globale, ha permesso di rivelare non solo la prevalenza della tossicità nei diversi ambienti digitali, ma ha anche evidenziato le sfide di analisi nel collegare direttamente questi modelli alle caratteristiche distintive di ciascuna piattaforma. “Il significato della nostra ricerca – concludono gli autori – va oltre la semplice mappatura della presenza di interazioni tossiche online, sottolinea la necessità di approcci più sofisticati per esplorare le dinamiche sociali online. Più specificamente, per quanto riguarda la moderazione dei contenuti, gli approcci devono considerare le complesse dinamiche del coinvolgimento degli utenti e la natura multiforme della tossicità online”.

 

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