Contributi e Opinioni 30 Settembre 2019 18:12

Sindrome dell’ovaio policistico: bambine a rischio. Perchè è importante tenere sotto controllo il peso

L’incidenza statistica in Italia: in età fertile si varia dal 5 al 20% ma in casi di sovrappeso si supera il 50%

In Italia ne soffre una fetta di popolazione femminile in età fertile che oscilla, a seconda delle etnie, da un 5 ad un 20% della popolazione generale. Nel caso di pazienti che presentano sovrappeso o franca obesità si può superare anche il 50%. Parliamo della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), considerata l’alterazione endocrina più comune in età fertile, e settembre è stato il mese ad essa dedicato. Si tratta di una complessa alterazione funzionale del sistema riproduttivo causata dall’aumento degli ormoni maschili e può causare alopecia androgenetica, irsutismo e disturbi mestruali. La PCOS causa dunque importanti effetti sulla salute della donna di tipo estetico, metabolico e riproduttivo. È caratterizzata dall’ingrossamento delle ovaie, dalla presenza di cisti ovariche multiple e da alterazioni endocrinologiche e metaboliche (iperandrogenismo, resistenza all’insulina e conseguente iperinsulinemia).

«Data l’eterogeneità delle manifestazioni cliniche e le molteplici comorbilità spesso già presenti al momento della diagnosi di PCOS – spiega Vincenzo Toscano, past president dell’Associazione Medici Endocrinologi (AME) –, è fondamentale sensibilizzare i medici che potrebbero più facilmente venire a contatto con tali pazienti. I pediatri per primi possono individuare le bambine a maggior rischio di sviluppo di PCOS (per esempio per basso peso alla nascita, pubarca anticipato o prematuro, ipertricosi pre-puberale, obesità infantile) e possono promuovere un adeguato stile di vita, con particolare attenzione alla dieta, all’attività fisica aerobica e al mantenimento di un normale peso corporeo. Altrettanto importanti – continua Toscano – sono medici di base, ginecologi, dermatologi e gli stessi endocrinologi, che devono essere in grado di diagnosticare correttamente la sindrome, escludendo altre patologie interferenti, più rare ma a volte anche più gravi, e intervenire adeguatamente, tenendo conto sia delle richieste della paziente sia del trattamento degli altri aspetti che potrebbero influire sul rischio globale a medio e lungo termine».

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