In Italia la prevenzione non è uguale per tutte. A seconda della Regione in cui si vive, una donna può essere inclusa o esclusa dallo screening mammografico gratuito dai 45 ai 74 anni. È da questa ingiustizia che nasce la campagna “La fortuna costa, la sfortuna di più”, promossa da Europa Donna Italia: a un mese dal lancio ha già superato le mille adesioni, segno di un bisogno reale e sentito, non solo statistico. “Sono disparità che non possiamo accettare – commenta Rosanna D’Antona, presidente dell’associazione – perché disattendono le linee guida europee, che da anni raccomandano l’estensione dello screening mammografico a tutte le donne tra i 45 e i 74 anni. A oggi, però, solo 6 Regioni su 20 hanno recepito pienamente questa indicazione. Le altre hanno attivato lo screening solo parzialmente, o non lo hanno fatto affatto. Il risultato? Oltre 2 milioni di donne escluse da un diritto che può fare la differenza tra diagnosi precoce e diagnosi tardiva”.
Il tumore al seno continua a essere il più frequentemente diagnosticato e, purtroppo, anche il più letale tra le donne. Solo nel 2024 si sono registrate oltre 53.600 nuove diagnosi, ricorda Paola Mantellini, direttrice dell’Osservatorio Nazionale Screening: “Ma se intercettato ai primi stadi – spiega – può essere trattato con terapie meno invasive, chirurgia più conservativa e tassi di sopravvivenza oltre il 90% a cinque anni”. Ecco perché lo screening mammografico organizzato rappresenta un vero e proprio salvavita, aggiunge Silvia Deandrea, presidente della Federazione delle associazioni degli screening oncologici: “Si tratta di un programma gratuito, certificato, sicuro e collegato alle Breast Unit, in grado di garantire un percorso di diagnosi e cura rapido ed efficace. Le immagini radiologiche vengono valutate da due radiologi indipendenti e, in caso di sospetto, la presa in carico è immediata”.
Estendere la fascia d’età dello screening ha un costo per il Servizio Sanitario Nazionale, riconosce D’Antona. Ma non farlo costa molto di più. “Quando un tumore viene diagnosticato tardi, le terapie diventano più complesse, i costi per il sistema crescono, e con essi aumentano anche i pesi sociali, psicologici e affettivi. Quando una donna si ammala, l’impatto non riguarda solo lei, ma tutto il suo sistema di relazioni”. Per questo l’obiettivo della campagna è anche politico e istituzionale: raccogliere il maggior numero di adesioni entro ottobre, mese simbolo della prevenzione del tumore al seno, e portare i risultati direttamente alle Regioni inadempienti. In quelle aree saranno avviate azioni di advocacy mirata, per stimolare i decisori a colmare il divario.
Oltre all’estensione concreta, le associazioni chiedono che il diritto alla prevenzione venga formalizzato nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). “Solo così – spiegano dall’Associazione – si potrà garantire equità tra le Regioni e facilitare l’adozione del programma anche nei territori vincolati dai piani di rientro”.
“Il fatto che in appena quattro settimane abbiamo superato le mille adesioni – conclude D’Antona – conferma quanto il tema sia sentito dalle donne. Porteremo la loro voce nelle sedi istituzionali perché il diritto alla prevenzione del tumore che più le colpisce sia garantito a tutte, senza distinzioni”. La raccolta firme è attiva fino a ottobre sul sito di Europa Donna Italia. L’invito è semplice: partecipare per far valere un diritto di salute che non può dipendere dal codice di avviamento postale.