Sanità 29 Gennaio 2019 09:00

Gli adolescenti dovrebbero andare dal medico da soli. Lo studio USA spiega perché

Gli adolescenti dovrebbero andare dal medico da soli. Lo studio USA spiega perché

A che età è giusto mandare i figli da soli dal medico? Quando è consigliabile lasciar loro un po’ di privacy? Come insegnare ai più giovani ad approcciarsi in autonomia alle visite e al mondo sanitario? Sono alcune delle domande a cui intende rispondere uno studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato sul Journal of Adolescent Health. Dai dati raccolti, risulta infatti che solo la metà dei 1918 giovani intervistati, tra i 13 e i 26 anni, ha avuto un incontro riservato con un medico. Ovviamente le percentuali variano a seconda della fascia di età considerata: l’opportunità di parlare a tu per tu con un camice bianco è stata data solo al 22% delle femmine e al 14% dei maschi di 13-14 anni; si arriva ad un 43% negli adolescenti tra i 15 e i 18 anni e al 60% negli uomini e al 70% nelle donne tra i 19 e i 26.

Tuttavia, se non sono soli, i giovani adulti tendono ad avere maggiori difficoltà a discutere di tematiche sensibili o a fare domande su argomenti come sesso, droghe o alcol. «Ne vale della loro salute – commenta alla Reuters l’autrice dello studio Stephanie Grilo della scuola di Salute Pubblica della Columbia University di New York -. I genitori devono capire che avere fiducia nel proprio medico è fondamentale per la salute degli adolescenti».

Per questo motivo pediatri, medici di famiglia e specialisti in medicina riproduttiva e salute adolescenziale raccomandano ai più giovani di discutere serenamente con i medici e di andare alle visite di routine senza i genitori. «Dai 12 anni, i genitori dovrebbero promuovere l’indipendenza dei teenager in fatto di salute, incoraggiandoli a scrivere domande o problemi prima delle visite e lasciando loro spazio per parlarne direttamente con il medico. È anche consigliabile che siano i ragazzi stessi a compilare eventuali moduli per l’anamnesi», spiega Sarah Clark, co-direttrice dell’ospedale pediatrico dell’università del Michigan C.S. Mott.

«In questa fase transitoria, che in genere corrisponde al passaggio dal pediatra al medico di famiglia, i genitori possono essere presenti e intervenire, dando però voce ai ragazzi e, magari, uscendo dalla stanza a metà visita – continua la dottoressa Clark -. Questi primi approcci serviranno ai giovani per prendere coraggio al fianco dei genitori, imparando come muoversi nel sistema sanitario».

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