Salute 26 Giugno 2025 17:02

Intelligenze a confronto: quando i bambini battono l’AI

I ricercatori: "I sistemi di intelligenza artificiale elaborano i dati, ma i bambini li vivono davvero"
Intelligenze a confronto: quando i bambini battono l’AI

Tirerà un sospiro di sollievo chi teme che l’intelligenza artificiale possa, in un futuro non molto lontano, sostituire l’intelligenza umana, soprattutto nelle attività prettamente intellettive. L’intelligenza artificiale, infatti, è stata nettamente sconfitta dal cervello dei bambini in tema di apprendimento del linguaggio: “Se un essere umano imparasse una lingua alla stessa velocità di ChatGpt – assicurano gli esperti del Max Planck Institute for Psycholinguistics  che hanno condotto uno studio in materia – ci vorrebbero 92mila anni”. Alla base di questa affermazione c’è un calcolo matematico che potremmo riassumere così: per assimilare, al ritmo medio di lettura umana, la stessa mole di testi usata per addestrare ChatGPT servirebbero circa 92mila anni. Ma un bambino, in pochi anni, può diventare un abile oratore perché ha altre capacità (che l’intelligenza artificiale non possiede) che, inconsciamente utilizza. In primis, i cinque sensi che gli permettono di percepire e e immagazzinare tutti gli stimoli che riceve dal mondo circostante. Per usare una celebre similitudine, il bambino è come il calabrone che, avendo ali troppo piccole e un corpo troppo grande, non dovrebbe volare. Ma lui questo non lo sa e vola lo stesso.

Ecco come i bambini apprendono il linguaggio

Nemmeno le macchine più intelligenti riescono, dunque, a competere con le giovani menti nell’apprendimento delle lingue, che come spugne si lasciano plasmare dal mondo esterno. I dettagli di questa accurata analisi sono contenuti in un documento recentemente pubblicato sulla rivista ‘Trends in Cognitive Sciences’ dalla docente Caroline Rowland del Max Planck Institute for Psycholinguistics (Paesi Bassi), in collaborazione con i colleghi dell’Esrc LuCiD Centre (International Centre for Language and Communicative Development) nel Regno Unito. Tuttavia, questa ricerca, non offre solo demeriti alle nuove tecnologie: è proprio grazie all’impegno di strumentazioni di ultima generazione – come l’eye tracking montato sulla testa e il riconoscimento vocale basato sull’intelligenza artificiale – che gli scienziati negli ultimi hanno potuto osservare, con un livello di dettaglio senza precedenti, il modo in cui i bambini interagiscono con chi si prende cura di loro e con l’ambiente circostante. Ma con un limite: nonostante la rapida crescita dei metodi di raccolta dati, i modelli teorici non spiegano in modo esaustivo come queste informazioni si traducano in un linguaggio fluente. Il nuovo studio colma proprio questa lacuna. Sintetizzando un’ampia gamma di dati provenienti da scienze computazionali, linguistica, neuroscienze e psicologia, il team di ricerca propone che la chiave per comprendere come i bambini imparino il linguaggio molto più velocemente dell’Ai non risiede nella quantità di informazioni che ricevono, ma nel modo in cui apprendono da queste.

Bambini Vs ChatGpt

Qual è, dunque, la differenza che emerge dalla sfida ‘bambini versus ChatGpt’? Gli esperti spiegano che, mentre le macchine apprendono principalmente e passivamente da testi scritti, i bambini acquisiscono il linguaggio attraverso un processo di sviluppo attivo e in continua evoluzione, guidato dalle loro crescenti capacità sociali, cognitive e motorie. I bambini usano tutti i loro sensi, dalla vista, all’udito, all’olfatto, fino al gusto e al tatto, per dare un senso al mondo e sviluppare le proprie competenze linguistiche. Questo mondo fornisce loro segnali ricchi e coordinati provenienti da molteplici sensi, offrendo spunti diversi e sincronizzati che li aiutano a comprendere il funzionamento del linguaggio. Ma la straordinarietà dell’intelligenza umana non finisce qui: i bambini non si limitano ad aspettare che il linguaggio arrivi da loro, ma esplorano attivamente l’ambiente circostante, creando continuamente nuove opportunità di apprendimento. In altre parole, “i sistemi di intelligenza artificiale elaborano i dati, ma i bambini li vivono davvero”, osserva Rowland.

E se si riprogettassero i robot pensando ai bambini?

L’apprendimento dei piccoli, continua la scienziata, “è incarnato, interattivo e profondamente radicato nei contesti sociali e sensoriali. Cercano esperienze e adattano dinamicamente il loro apprendimento di conseguenza: esplorano oggetti con le mani e la bocca, strisciano verso giocattoli nuovi ed entusiasmanti, indicano oggetti che trovano interessanti. Questo è ciò che permette loro di padroneggiare il linguaggio così rapidamente”. Queste intuizioni, illustrano gli autori, non solo rimodellano la nostra comprensione dello sviluppo infantile, ma hanno anche implicazioni di vasta portata per la ricerca sull’intelligenza artificiale, sull’elaborazione del linguaggio negli adulti e persino sull’evoluzione del linguaggio umano stesso. “I ricercatori che si occupano di Ai potrebbero imparare molto dai bambini – conclude Rowland -. Se vogliamo che le macchine imparino il linguaggio bene come gli esseri umani, forse dobbiamo ripensare il modo in cui le progettiamo, da zero”.

 

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