Tradurre la musica in vibrazioni tattili permette di migliorare l’esperienza di ascolto nelle persone che hanno deficit dell’udito. Lo dimostra lo studio multidisciplinare condotto su venti pazienti dagli ingegneri dell’Università di Trento e dai medici dell’Azienda ospedaliera universitaria di Verona. I risultati, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, potranno aprire la strada a nuove terapie riabilitative per chi necessita di impianti cocleari o altri apparecchi acustici.
Lo studio è nato da un’idea di Luca Turchet, docente di Sistemi interattivi multisensoriali al dipartimento di Ingegneria e Scienza dell’Informazione dell’Università di Trento, che ha pensato di aggiungere la uno strato sensoriale nuovo a quello dell’udito, attraverso il senso del tatto. E capire in che modo questo avrebbe modificato l’ascolto in soggetti normo udenti. Solo in un secondo momento il progetto si è esteso a persone sorde. Gli autori hanno analizzato, per la prima volta, gli effetti sulle prestazioni audiometriche di individui che utilizzano impianti cocleari in seguito all’esposizione alla musica presentata con stimoli vibro-tattili concomitanti. I test sono stati condotti su oltre venti pazienti sordi, di età compresa tra 19 e 81 anni.
Durante l’esame, il software ha tradotto la musica in vibrazioni tattili trasmesse attraverso il giubbotto indossato. I risultati dei test audiometrici condotti in questa modalità immersiva hanno dimostrato un evidente aumento delle capacità dei soggetti nel percepire e distinguere sia suoni che parole. “I risultati sono molto incoraggianti – commenta Turchet – perché ci dicono che l’ascolto musicale limitato all’udito peggiora le prestazioni uditive dei test audiometrici. Questo può essere dovuto alla fatica che le persone con impianto cocleare fanno nell’ascoltare la musica e può tradursi, come abbiamo visto, in una ridotta capacità momentanea di percepire bene i suoni puri e le parole. Quando però aggiungiamo il tatto c’è un aumento positivo di queste performance su quasi tutti i parametri”.
Questo è un campo di ricerca aperto, dove le domande sono ancora molte, in primis quelle relative alle prospettive. “La nostra ipotesi è che se una persona con deficit uditivi usa nel tempo questo sistema di ascolto audio tattile, le sue prestazioni nel comprendere il mondo uditivo in generale dovrebbero migliorare”, dice Turchet. I risultati della ricerca possono quindi ispirare ulteriori approfondimenti per immaginare tecniche riabilitative diverse, non invasive e anche piacevoli. Perché, come è stato dimostrato, l’ascolto audio-tattile provoca un grado di reattività molto forte anche dal punto di vista emotivo e questo migliora in modo significativo l’esperienza acustica.
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