Salute 5 Maggio 2019 10:00

Giornata della Risata, Cappa (neurologo): «Ridere aiuta a mettersi nei panni degli altri e migliora la nostra qualità di vita»

La Giornata Mondiale della Risata si celebra la prima domenica di maggio di ogni anno ed è stata istituita nel 1995 dal medico indiano Madan Kataria
di Isabella Faggiano
Giornata della Risata, Cappa (neurologo): «Ridere aiuta a mettersi nei panni degli altri e migliora la nostra qualità di vita»

Le risate sono un vero toccasana per le relazioni sociali e per la nostra salute. «Ridere migliora l’empatia: mettersi nei panni dell’altro sarà più facile». Parola di Stefano Cappa, professore di neurologia all’Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia, membro della Sin, la Società italiana di Neurologia che, in occasione della Giornata Mondiale della Risata, descrive gli effetti benefici del riso.

Questa ricorrenza, istituita nel 1995 da Madan Kataria, medico indiano fondatore del movimento internazionale dello Yoga della Risata, si celebra la prima domenica di maggio di ogni anno.

Ma attenzione a non fingere: le differenze tra una risata istintiva ed una mimata ci sono e, soprattutto, si vedono. «Il riso inteso come manifestazione spontanea non è paragonabile ad una risata volontaria – spiega il professor Coppa -. La risata, in generale, può essere descritta come un fenomeno motorio correlato ad una vocalizzazione. Quando questo, però, scaturisce da una reazione emotiva ad una situazione positiva in cui si sperimenta gioia, allora potremmo parlare di riso spontaneo. In assenza di queste emozioni, invece, saremo di fronte ad un riso volontario».

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E come facciamo a distinguere un tipo di risata dall’altro? «Il riso spontaneo è differente da quello volontario sia in termini motori che vocali. Diversità che corrispondono a meccanismi neurologici differenti che, negli ultimi decenni, è stato possibile osservare grazie agli strumenti di neuro immagine. Sottoponendo ad una risonanza magnetica funzionale un individuo che ride spontaneamente, in reazione ad esempio ad una situazione buffa o ad una barzelletta, si noterà il coinvolgimento di particolari regioni cerebrali, soprattutto del lobo temporale dell’emisfero di destra ed anche di quelle aree cerebrali che fanno parte dei circuiti legati alle emozioni, come l’amigdala o la corteccia del cingolo».

Che un riso spontaneo attivi precisamente queste aree è stato dimostrato anche da alcune sperimentazioni inverse: «I ricercatori del team diretto dal professor Rizzolatti di Parma hanno dimostrato che stimolando la regione cerebrale del cingolo è possibile provocare riso. Queste stimolazioni sono state effettuate in soggetti sottoposti ad interventi chirurgici da svegli. È interessante sottolineare che questa risata non è stata puramente motoria e vocale: una parte dei pazienti ha raccontato di aver provato una reale sensazione di divertimento».

Ovviamente, se il riso sarà volontario e non spontaneo muteranno anche le aree cerebrali coinvolte: «Soprattutto – sottolinea l’esperto – si attiveranno le regioni del lobo frontale, con una prevalenza delle funzioni cerebrali dedite all’organizzazione di una risposta motoria controllata e non di tipo emotivo».

Grazie allo studio di alcune condizioni patologiche è stato, inoltre, possibile constatare che il riso spontaneo si aziona in situazioni appropriate, di fronte cioè a precisi stimoli. «In alcune patologie, come lesioni vascolari diffuse o la malattia di Alzheimer, può presentarsi la difficoltà a contenere il riso, ma anche il pianto. Questa – spiega il professore di neurologia – è una conseguenza della perdita dei meccanismi inibitori».

Al contrario, c’è chi a causa di una patologia, invece, non riesce a ridere nemmeno dinanzi alla situazione più esilarante: «Può accadere in soggetti affetti da depressione – dice Cappa -. Uno degli aspetti caratteristici di questa patologia è, infatti, l’anedonia, ovvero la perdita di risposta emotiva a stimoli piacevoli, tra cui la risata».

Ma aldilà dei meccanismi fisiologici che si attivano a livello cerebrale, motorio e vocale con una risata, potremmo affermare che ridere fa bene alla nostra salute? «Di solito – risponde Cappa – tendiamo ad associare le emozioni positive e le manifestazioni corporee ad esse correlate a dei benefici per la nostra salute. Un’associazione di idee che, ovviamente, vale anche per la risata. Alcuni studi, soprattutto di psicologia, hanno dimostrato che se si chiede ad una persona di mimare un sorriso per un tempo più o meno lungo, ad un certo punto questo soggetto sperimenterà una sensazione positiva. Al contrario, imporre di simulare un’espressione triste indurrà emozioni negative. Effetti psicologi che corrispondono a meccanismi cerebrali che sono oggetto di ricerche in corso».

Non è escluso che i risultati di queste sperimentazioni possano presto rivelarci nuove potenzialità della risata. Probabilmente, però, siamo ancora lontani dal poter definire il riso un farmaco naturale, ma il professor Cappa di una cosa è certo: «Avere un atteggiamento positivo – conclude – avrà sicuramente un effetto altrettanto positivo sulla nostra qualità di vita».

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