I sintomi della fibromialgia e, di conseguenza la qualità di vita di chi ne soffre, potrebbero essere migliorati indossando una tuta a elettrodi che rilascia impulsi mirati a specifici gruppi muscolari. Le potenzialità di questa ‘invenzione’ sono descritte in uno studio coordinato dai ricercatori dell’Université Paris Est, di Créteil e pubblicato sull’European Journal of Pain. “La fibromialgia è una sindrome multifattoriale e complessa, caratterizzata da dolore cronico e diffuso che colpisce il sistema muscoloscheletrico, sensibilità alla pressione e una bassa soglia agli stimoli”, spiegano i ricercatori.
Si stima che la malattia colpisca fino al 5% della popolazione mondiale, con un impatto importante sulla qualità della vita. “I trattamenti farmacologici attualmente approvati raramente offrono una gestione soddisfacente – aggiungono i ricercatori – . In questo contesto, è stata proposta anche un’ampia gamma di metodi non farmacologici”. Uno di questi è un sistema di stimolazione elettrica incorporato in una tuta, chiamata ‘Exopulse Mollii’, dotata di 58 elettrodi integrati nel tessuto. Questi elettrodi inviano impulsi elettrici mirati a specifici gruppi muscolari, modulando l’attività nervosa.
I ricercatori hanno testato la ‘neurotuta’ in 33 pazienti, prevalentemente donne, che hanno indossato la tuta quotidianamente per un’ora al giorno per quattro settimane consecutive. Positivi gli effetti dell’uso del dispositivo. Il 78% dei partecipanti ha riportato miglioramenti significativi nel quadro clinico complessivo. In particolare, è stata riportata una riduzione del 25% dell’intensità del dolore, un miglioramento del 54% nella percezione delle proprie energie, una riduzione del 12% dei sintomi depressivi e un incremento del 21% nei punteggi di un test che misura l’impatto complessivo della malattia.
“Questo studio mostra i benefici clinici di Exopulse Mollii Suit nell’alleviare il dolore e l’affaticamento correlati alla fibromialgia, i sintomi emotivi e l’impatto della malattia”, spiegano gli autori -. Tuttavia, “vale la pena notare che lo studio presenta diverse limitazioni” per questo, concludono gli scienziati “sono necessari studi futuri con una coorte più ampia e un protocollo di trattamento più lungo, per confermare ulteriormente i risultati attuali e valutare gli effetti a lungo termine di questa tecnica”.
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