Che la popolazione italiana stia invecchiando è un dato di fatto. Ma il Servizio sanitario nazionale è pronto ad affrontare questo cambiamento? “Solo se saprà adattare i propri strumenti clinici, culturali e organizzativi”, risponde la SIRM (Società italiana di radiologia medica e interventistica) che, con la SIGG (Società italiana di gerontologia e geriatria), è stata protagonista del convegno “Radiologia geriatrica, un nuovo approccio clinico-radiologico a un ‘vecchio’ problema”, tenutosi oggi a Roma. A guidare la riflessione è un dato demografico ormai ben noto, ma sempre più impattante: un italiano su quattro ha più di 65 anni. Gli over 65 sono oggi 14,4 milioni e nel giro di vent’anni diventeranno quasi 19 milioni, con gli over 80 destinati a superare quota 6 milioni. L’Italia è, e continuerà ad essere, uno dei Paesi più longevi al mondo. Ma longevità, avvertono i clinici, non è sempre sinonimo di salute.
La prevenzione è la chiave
“Vivere più a lungo significa anche convivere con più patologie – afferma Nicoletta Gandolfo, presidente SIRM –. Per questo è urgente rivedere i protocolli radiologici e adattarli alla popolazione anziana. La prevenzione è la chiave, e può fare la differenza soprattutto nelle malattie più diffuse in questa fascia d’età, come l’osteoporosi, la sarcopenia o le patologie cardiovascolari. Una diagnosi precoce consente di intervenire prima che si verifichino fratture, infarti, ictus. È un modo non solo per migliorare la qualità della vita del paziente, ma anche per alleggerire il carico sul sistema sanitario”. Secondo Gandolfo, i protocolli di imaging vanno ripensati in chiave personalizzata, tenendo conto dei cambiamenti fisiologici legati all’età, ma anche dello stato cognitivo e delle condizioni sociali dell’anziano. “Il nostro obiettivo non è solo identificare una patologia, ma farlo in modo da evitare sovradiagnosi e accanimento clinico. Troppe volte il paziente anziano viene sottoposto a esami inutili, invasivi, stressanti. Bisogna distinguere tra ciò che va curato e ciò che, per età e contesto, può essere semplicemente gestito. Questo ha ricadute importanti anche sul piano della sostenibilità”.
Non solo per diagnosticare, ma anche di prevenire
La radiologia geriatrica emerge così come una nuova area specialistica che si propone non solo di diagnosticare, ma anche di prevenire. “La diagnostica per immagini – aggiunge Gandolfo – può aiutarci a individuare i segnali precoci di condizioni legate alla fragilità. Serve un approccio olistico, che consenta la stratificazione del rischio e l’intervento sui fattori predisponenti prima che si arrivi all’evento clinico acuto”. Ma per farlo servono competenze, formazione e diffusione di buone pratiche. “Non possiamo pensare che la fragilità sia solo una questione di età – sottolinea Stefania Montemezzi, presidente della Commissione Diversità, equità e inclusione della SIRM –. Invecchiare bene è possibile, ma servono strumenti adeguati. La radiologia può diventare un presidio di prevenzione se integrata nei percorsi di cura. Per questo abbiamo attivato corsi di formazione specifici in Lombardia, Toscana e Calabria per preparare i radiologi a questa nuova sfida”.
I nuovi bisogni di salute
Il cambiamento culturale è già iniziato. Lo scorso anno la SIRM ha lanciato il progetto pilota “Il radiologo medico, un amico dell’anziano”, il primo programma di prevenzione interamente rivolto alla terza età, a dimostrazione che l’attenzione verso questa fascia di popolazione non può più essere rimandata. “Il futuro – conclude Montemezzi – ci chiederà di rispondere a nuove esigenze: aumenteranno le richieste nei pronto soccorso, le ospedalizzazioni, le cronicità. È nostro dovere prepararci, con strumenti scientifici aggiornati e una visione che metta davvero la persona, non solo la patologia, al centro”.