Voci della Sanità 28 Gennaio 2022 13:45

Tumori rari, l’istituzionalizzazione della Rete Nazionale è ancora un “miraggio”

In Italia l’unica esperienza di Rete a cui è possibile affidarsi è quella tecnico-professionale. Restano le difficoltà per i pazienti di ricevere diagnosi corrette o in tempi rapidi, di raggiungere i centri competenti e di accedere alle terapie. Risultati positivi, invece, dagli sviluppi recenti di test di Next-Generation Sequencing

È trascorso più di un anno dalla presentazione del Quaderno “Tumori Rari: quale futuro per la Rete”, frutto del lavoro congiunto di clinici, società scientifiche, associazioni di pazienti e principali stakeholder del settore, coordinato dall’Osservatorio Malattie Rare, ma ad oggi, nonostante l’impegno assunto dal Ministero della Salute, con l’approvazione di ordini del giorno e mozioni,  la Rete Nazionale Tumori Rari (RNTR) non è ancora stata istituzionalizzata. “Ad oggi, l’esperienza di rete sul territorio nazionale è unicamente quella tecnico-professionale costituita da esperti sanitari operanti nel settore dei tumori rari, che condividono casi clinici di pazienti con tumore raro”, ha affermato Paolo G. Casali, Fondazione I.R.C.C.S. Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, in apertura dell’evento istituzionale online organizzato da OMaR – grazie al contributo non condizionante di BeiGene, Bristol-Myers Squibb e Incyte – per fare il punto sul tema della Rete Nazionale Tumori Rari e discutere dei passi fino ad ora compiuti e delle azioni necessarie per il settore.

Con l’articolo 2 della Intesa Stato-Regioni del 21 settembre 2017 e con il successivo decreto del Ministro della Salute del 1° febbraio 2018, è stato istituito presso l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (appunto, AGENAS) il “Coordinamento funzionale della Rete Nazionale di Tumori Rari” con l’obiettivo di garantire il funzionamento della Rete e di favorirne lo sviluppo, anche attraverso la partecipazione delle associazioni di pazienti e delle società scientifiche di riferimento. Il Coordinamento ha condotto, nel corso del 2019, una rilevazione nazionale volta ad acquisire elementi descrittivi sull’assetto organizzativo di ciascuna rete regionale per tumori rari, definire i PDTA e identificare i Centri User e Provider delle diverse Regioni e Province autonome, per tre famiglie di tumori rari (tumori rari solidi dell’adulto, tumori ematologici e tumori pediatrici). Successivamente a ciò, però, non sono stati raggiunti gli ulteriori obiettivi prefissati e di fatto l’avvio veloce della Rete Nazionale Tumori Rari e il relativo finanziamento non sono avvenuti. “Proprio come sottolineato già nel 2020, noi pensiamo che si potrebbe partire rapidamente con la nuova Rete ‘istituzionale’, facendo inizialmente affidamento sui Centri che sono già stati formalmente riconosciuti come membri delle 3 European Reference Network (ERN) oncologiche, che, per l’Intesa Stato-Regioni del 2017, sono di diritto membri anche della stessa Rete Nazionale Tumori Rari”, ha aggiunto Casali.

“Se per le malattie rare l’Italia ha strutturato reti di presa in carico, con un sistema di registri ad hoc e diverse normative con le modalità organizzative di settore, per quanto riguarda il ramo dell’oncologia che si occupa di Tumori rari, il lavoro da fare è ancora molto – ha detto la Sen. Paola Binetti, Presidente Intergruppo Parlamentare per le Malattie Rare-XII Commissione Senato della Repubblica, ‘Igiene e Sanità’ – Occorre immaginare che la rete dei tumori rari abbia punti di contatto con la rete nazionale tumori e con la rete delle malattie rare, perché per ragioni diverse condivide con l’una e con l’altra alcuni aspetti essenziali: la natura tumorale del problema e la rarità; il che può creare sinergie con l’una o con l’altra rete, senza però potersi mai assimilare del tutto all’una e all’altra. È necessario, creare una specifica Rete, riconosciuta a livello nazionale ed internazionale, capillare, diffusa su tutto il territorio, facilmente accessibile a tutti i pazienti, e poiché spesso si tratta di bambini, capace di dialogare adeguatamente con le loro famiglie. Sia i genitori dei bambini che gli stessi pazienti spesso si trovano davanti una presa in carico difforme tra le varie regioni e troppo spesso con una scarsa conoscenza del sistema”.

In Europa si definiscono “rari” i tumori con una incidenza pari o inferiore a 6 casi su 100.000 all’anno nella popolazione: sono 198 le patologie oncologiche che hanno avuto questa classificazione grazie al progetto RARECAREnet, supportato dalla Commissione europea e coordinato dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. In Italia rappresentano il 24% di tutte le nuove diagnosi di tumore: questo significa 89.000 nuovi pazienti ogni anno e circa 900.000 persone complessivamente. Un tumore raro non è necessariamente incurabile anche se, secondo i dati AIRTUM, le neoplasie rare sono generalmente legate a peggiori tassi di sopravvivenza rispetto ai tumori “frequenti”: la sopravvivenza dopo 5 anni dalla diagnosi è circa del 68% per i tumori comuni e solo del 55% circa per quelli rari.

Dal punto di vista dell’accesso alle terapie farmacologiche, di recente, grazie a un emendamento presentato dall’On. Fabiola Bologna al Decreto legge 6 novembre 2021, n. 152, «Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose», le tempistiche di inserimento dei farmaci autorizzati nei Prontuari Terapeutici Regionali sono state ridotte da sei a due mesi per i farmaci orfani per malattia rara. “Consentire alle persone con tumore raro di poter accedere alle terapie esistenti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale è un dovere delle Istituzioni – ha commentato l’On. Fabiola Bologna, Commissione XII ‘Affari Sociali’, Camera dei Deputati – Oltre ad un adeguato monitoraggio sulla corretta applicazione di quanto già previsto a livello normativo, nel prossimo futuro e per le nuove terapie sarà necessario lavorare al fine di garantire tempistiche certe anche per la fase autorizzativa”.

Ulteriore passo in avanti, e in particolare in tema di diagnosi, è stato fatto in Legge di Bilancio 2022 con l’approvazione di un emendamento che istituisce, presso il Ministero della Salute, un fondo per i test di Next-Generation Sequencing-NGS con una dotazione pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 destinato al potenziamento di test di profanazione genomica dei tumori dei quali è riconosciuta evidenza e appropriatezza. “La profilazione genica rappresenta una delle più importanti innovazioni per la personalizzazione delle terapie per i pazienti oncologici – ha dichiarato la Sen. Maria Domenica Castellone, Commissione XII ‘Igiene e Sanità’, Senato della Repubblica – Oltre a una diagnosi più veloce e certa, infatti, consente di offrire al paziente cure più mirate e appropriate. Con l’emendamento approvato in Legge di Bilancio si è voluto sottolineare l’importanza di questi test attraverso l’istituzione di un fondo con risorse dedicate, che dovrà essere costantemente incrementato per consentire un uso esteso e frequente di questo strumento diagnostico”.

“La conoscenza del profilo genomico dei pazienti con tumori offre la possibilità di un intervento terapeutico con agenti target-based. Le tecnologie di sequenziamento di nuova generazione (NGS) si stanno rivelando un potente strumento per valutare il profilo genomico del tumore dei pazienti, permettendoci di studiare l’eterogeneità delle mutazioni e la loro frequenza in modo dinamico. Questa tecnologia consente anche il monitoraggio della risposta alla terapia e l’identificazione precoce dei meccanismi di resistenza. L’implementazione di questa tecnica nella pratica clinica migliorerà le procedure diagnostiche mirate e le terapie personalizzate nei pazienti con tumori diversi”, ha concluso Giuseppe Novelli, Professore Ordinario di Genetica Medica già Rettore dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.

 

 

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